​Rapina alla guardia giurata, arrestato l’uomo fermato col bottino

La polizia a Ponte di Cetti
​Rapina alla guardia giurata, arrestato l’uomo già fermato col bottino. Ieri l’altro è finito in manette l’elettricista cinquantenne di Viterbo...

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​Rapina alla guardia giurata, arrestato l’uomo già fermato col bottino. Ieri l’altro è finito in manette l’elettricista cinquantenne di Viterbo (O.O. le iniziali) con l’accusa di rapina aggravata in concorso. La misura cautelare firmata dal gip è stata eseguita dalla Squadra mobile che dal 12 luglio segue le indagini. Quel lunedì due uomini col volto coperto bloccano un vigilantes davanti a una villa alla Quercia: gli puntano la pistola alla tempia e gli portano via la borsa con 43mila euro in contanti.


Dopo il colpo partono le segnalazioni e nel pomeriggio il primo fermo. I due banditi armati, lasciato il vigilantes, si precipitano a Ponte di Cetti, tra Viterbo e Vetralla. Qui, dopo aver lasciato parte del bottino (tutto recuperato) nella casa dell’elettricista, iniziano a trafficare con una macchina parcheggiata, tentando di sostituire delle targhe, forse per depistare i controlli. Ma un ispettore in pensione allerta i colleghi: quei movimenti erano fin troppo sospetti. Gli agenti della Mobile in pochi minuti arrivano nel posto indicato: girano intorno all’auto e mentre controllano la zona vedono due individui uscire da una finestra e scappare per le campagne. L’inseguimento non riesce, così decidono di entrare nell’appartamento dal quale i due erano fuggiti. Qui trovano l’elettricista, proprietario della casa, troppi soldi in contanti e targhe. Lo fermano e lo portano in Questura per interrogarlo, ma le spiegazioni fornite non convincono. Il 50enne lascia gli uffici della polizia in serata, è indagato ma a piede libero. Gli indizi di un suo coinvolgimento nella rapina ci sono tutti. Ma mancano ancora indizi precisi. 

Quelli arrivano settimane dopo. Gli investigatori continuano a scavare e con gli atti in mano si presentano dal gip per chiedere una misura restrittiva: c’è un concreto rischio di inquinamento delle prove e di fuga. Il giudice firma e O.O. finisce in carcere. Ora le forze sono tutte concentrate per incastrare gli altri due della banda.

 

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Il Messaggero