Piccoli commercianti e artigiani addio, nel Viterbese crescono solo (e di poco) gli agricoltori

Piccoli commercianti e artigiani addio, nel Viterbese crescono solo (e di poco) gli agricoltori
Male i piccoli commercianti, malissimo gli artigiani, benino gli agricoltori. Soffrono i lavoratori indipendenti della provincia di Viterbo: nei numeri si riflette la...

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Male i piccoli commercianti, malissimo gli artigiani, benino gli agricoltori. Soffrono i lavoratori indipendenti della provincia di Viterbo: nei numeri si riflette la quotidianità di un territorio in cui sono sempre di più le saracinesche abbassate. La riprova di questo trend che col Covid ha subito un’accelerazione sta nei tanti negozi di vicinato che chiudono o nelle attività artigianali ridotte al lumicino. Una passeggiata per le vie del centro storico del capoluogo restituisce la visione plastica di un fenomeno che sta modificando il volto di paesi e città: vie disseminate di cartelli “affittasi” o “vendesi”, vetrine ridotte a un cumulo di ragnatele e sporcizia, come fotografie ingiallite di antichi fasti.

Eccoli, allora, i numeri della Cgia di Mestre che rendono a livello statistico la realtà dell’economia locale. Tra il 2014 e il 2022, il calo degli autonomi cosiddetti classici, categoria complessiva che comprende i commercianti, gli agricoltori e gli artigiani, è stato del 10,5%, facendo piazzare la provincia di Viterbo in 74esima posizione a livello nazionale con -2.804 partite iva attive. Ecco il trend negli anni: nel 2014 erano operativi in 26,709, scesi a 25.030 nel 2019, ovvero prima del Covid, con ulteriore calo nel 2022, a pandemia superata, con 23.905.

Entrando nello specifico delle singole categorie nella Tuscia si notano però differenze sostanziali. Il destino peggiore negli ultimi anni è quello toccato agli artigiani: calzolai, falegnami, fornai, pasticceri sono tra quelli che più di altri hanno appeso il grembiule al chiodo. Nel primo anno di riferimento, il 2014, erano 9.770 le partite iva operative in provincia, calate a 8.681 nel 2019 e ulteriormente ritiratesi nel 2022, quando si sono assestate sulle 8.327 (il calo percentuale è del 14,8, in termini assoluti -1.443).

Meno peggio, ma neppure troppo, per i commercianti nei nove anni presi a riferimento dall’associazione: nel Viterbese erano 12.045 nel 2014, scesi a 11.002 nel 2019, con trend in caduta anche nel 2022, anno che ha chiuso con 10.534 partite iva iscritte. Il calo è stato di 1.511 unità, ovvero il 12,5%. In controtendenza nella categoria degli autonomi classici solo il settore dell’agricoltura: in questo ambito, i numeri sono in crescita seppur di poco. Le posizioni attive in Camera di commercio erano 4.894 nel 2014, cresciute a 5.347 nel 2019 per poi subire un calo a partire dalla pandemia, infatti il 2022 è terminato con 5.044. Ma il bilancio del periodo è comunque positivo e si chiude con +150 partite iva, ovvero il 3,1% di aumento. Insomma, proprio quando gli agricoltori scendono in piazza in tutta Europa, Viterbo compresa, per protestare contro politiche penalizzanti, la statistica conferma la centralità del comparto per l’economia, inclusa quella locale.

I numeri della Tuscia, se confrontati con il resto d’Italia, non sono affatto incoraggianti: a livello nazionale “dopo il 2020, annus horribilis in cui è scoppiata la pandemia, il popolo dellea partite Iva è tornato ad aumentare”, come riporta la Cgia analizzando dati Istat. Ma a Viterbo non è così e il saldo resta negativo.

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Il Messaggero