Pestaggi in carcere, il garante: «Rimasi sorpreso che l'esposto non avesse avuto esito»

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Pagine di denunce e di racconti di pestaggi rimaste senza esito. Pagine di vita violenta avvenuta tra le mura del carcere di Viterbo lasciate senza risposta su una scrivania....

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Pagine di denunce e di racconti di pestaggi rimaste senza esito. Pagine di vita violenta avvenuta tra le mura del carcere di Viterbo lasciate senza risposta su una scrivania. «Sono rimasto sorpreso che le segnalazioni non avessero avuto al esito. Dopo aver presentato l’esposto non ho avuto nessun riscontro, nemmeno una telefonata per parlarne».

Stefano Anastasia, garante dei detenuti del Lazio, nel 2018 fu il primo a segnalare problemi nel penitenziario viterbesi. Gli stessi problemi che porteranno a giugno il procuratore capo Paolo Auriemma e la sostituto Eliana Dolce davanti al gup del Tribunale di Viterbo per rifiuto di atti d’ufficio. Il motivo è legato al “faldone” presentato dal garante, faldone che che la Procura di Viterbo non avrebbe vagliato, approfondito nella giusta misura, andando a indagare sui quei fatti segnalati. Ora il garante è tra le persone offese, insieme al ministero della Giustizia e ai familiari di Hassan Sharaf, nel procedimento aperto a Perugia.

«Ho capito che il mio esposto non aveva avuto seguito quando l’anno scorso sono stato chiamato dalla procura di Perugia». Tra le pagine dell’esposto che ha aperto tutta la vicenda giudiziaria si legge “a Viterbo alcuni detenuti, intervistati separatamente, hanno identificato specifici agenti e ispettori come autori di numerosi episodi di presunti maltrattamenti e in diversi casi le lesioni osservate e le prove mediche registrate erano compatibili con le accuse di maltrattamenti».

Tra i casi riportati due nomi spiccano su tutti e sono quelli di Hassan Sharaf e di Giuseppe De Felice. Quella di Sharaf, 21enne egiziano è una storia nota. Il giovane il 23 luglio del 2018 tentò il suicidio nella cella di isolamento dove si trovava da due ore. Il ragazzo morì pochi giorni dopo in ospedale. Ma prima di compiere quel gesto aveva incontrato il garante dicendogli: «Ho molta paura di morire». Il ragazzo, durante la visita di una delegazione del garante regionale dei detenuti, mostrò all'avvocata Simona Filippi alcuni segni rossi su entrambe le gambe e dei tagli sul petto che, secondo il suo racconto, gli sarebbero stati provocati da alcuni agenti di polizia nel picchiarlo il giorno prima.

De Felice invece denunciò di essere stato massacrato di botte da dieci agenti con il volto coperto. Un racconto constatato ancora una volta dal garante. In quel dossier c’era questo e molto altro, oscurità e violenze su cui la procura non avrebbe fatto luce. «Devo ammettere - dice ancora Anastasia - che in questi anni regolarmente sono tornato nel carcere di Viterbo e non ho più avuto concretezza che episodi di quel genere si fossero verificati. Non ho più avuto segnalazioni. Certo, restano i vecchi problemi del sovraffollamento e della carenza di organico»

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Il Messaggero