Omicidio al Centro d'accoglienza, «la vittima riversa in una pozza di sangue»

Carabinieri
«Il corpo era in una pozza di sangue e sotto c’era ancora il manico di legno del coltello». Omicidio al Centro di accoglienza, i carabinieri illustrano alla...

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«Il corpo era in una pozza di sangue e sotto c’era ancora il manico di legno del coltello». Omicidio al Centro di accoglienza, i carabinieri illustrano alla Corte d’Assise come trovarono la scena del crimine quel 14 giugno 2020. E’ ripreso ieri mattina il procedimento a carico di Imade Robinson, 20enne nigeriano accusato di omicidio volontario, recluso nel carcere di Viterbo. 

La tragedia si è consumata un anno fa in un hotel Carpe Diem di Orte adibito a centro migranti. A trovare la morte, per futili motivi, il connazionale Eugene Moses di 35 anni. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti i due connazionali da tempo erano ai ferri corti. Continui battibecchi e ripicche avrebbero portato Robinson e Moses a venire alla mani. Prima spintoni poi i coltelli.

«Quando sono arrivato all’hotel - ha spiegato il maresciallo - l’imputato era stato già ammanettato, ha avuto un atteggiamento collaborativo. Ci ha portato nella vicina campagna dove era nascosto un coltello. Poi siamo saliti in albergo al piano delle camere dove era accaduta la tragedia. Dentro a una pianta davanti a una stanza abbiamo trovato un altro coltello. La vittima era in una pozza di sangue davanti alla stanza 211, tracce ematiche andavano dalla stanza 207 di Moses, alla 208 di Robinson fino al corpo. I sanitari del 118 hanno girato il cadavere e sotto c’era il manico di un coltello, la lama era poco distante».

Secondo quanto raccontato dai pochi testimoni presenti i due protagonisti da giorni erano in lite. A raccontare quella domenica sera anche un altro ospite della struttura. «Ero presente quando hanno iniziato a litigare - ha spiegato un trentenne del Mali -. Ho visto i due entrare e uscire dalle camere e tornare con il coltello. Il primo che ho visto è stato Moses. Ma poi ho avuto paura e mi sono allontanato».

Nessuno avrebbe visto il momento dell’accoltellamento. E nessuno potrà spiegare a chi appartenevano i coltelli. Nonostante siano stati sequestrati e inviati al Ris, sembrerebbe non siano stati effettuati i riscontri del dna. Né sui fendenti né sulle tracce ematiche riscontrate. 
Si torna in aula il 12 luglio.

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Il Messaggero