Omicidio del piccolo Matias, il padre a processo per i maltrattamenti sulla moglie

Omicidio del piccolo Matias, il padre a processo per i maltrattamenti sulla moglie
Uccide il figlioletto dopo che era stato allontanato dalla moglie: al via il processo per maltrattamenti aggravati. L’imputato Mirko Tomkow, che lo scorso novembre...

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Uccide il figlioletto dopo che era stato allontanato dalla moglie: al via il processo per maltrattamenti aggravati. L’imputato Mirko Tomkow, che lo scorso novembre a ucciso il figlio Matias con un coltello da cucina a Vetralla, ieri mattina in aula non c’era. Ha scelto di non partecipare al processo che lo vede accusato di violenze domestiche sulla moglie. Violenze che la donna aveva raccontato a un’amica in confidenza.

Matias ucciso dal padre, la mamma: «Dolore devastante, non tornerò in quella casa»

La mamma di Matias aveva sopportato tutto in silenzio senza mai puntare il dito contro il marito che alla fine le ha portato via il figlio. Uccidendolo barbaramente. Ieri in aula non c’era nemmeno lei, che questo processo nemmeno lo voleva. Non c’è agli atti una formale denuncia. Ma solo l’esperienza dei carabinieri e l’attenzione della pm Paola Conti che, d’ufficio, ha voluto portare avanti il procedimento. Prima chiedendo l’allentamento e poi l’arresto. Nessuno però poteva pensare che pochi mesi dopo l’ordinanza del gip, che vietava al 44enne polacco di avvicinarsi a moglie figlio, sarebbe accaduta la tragedia. 

La storia dei maltrattamenti perpetrati nella famiglia Tomkow viene scoperta solo in estate, quando un confidente della donna chiede l’aiuto dei carabinieri di Vetralla. Racconta che la sua amica sta vivendo un inferno, mascherato dal sorriso che mostra in pubblico. I militari raccolta la segnalazione si attivano immediatamente e chiamano la donna. La mamma di Matias ci mette pochi minuti a crollare e racconta tutto. Racconta di quando e come sono iniziati quei maltrattamenti fisici e psicologici. La data è precisa: «quando ho scoperto di essere incinta».

L’evento che segna l’inizio delle aggressioni e delle violenze psicologiche coincide con la scoperta di aspettare un bambino. In quel periodo il 44enne perde la testa e il rapporto inizia a incrinarsi. Non solo, perché iniziano anche le aggressioni e le minacce. Durante la gravidanza prende a calci il pancione e l’accusa di non volere più rapporti sessuali. Lei subisce passiva. E’ passiva anche quando la insulta davanti al figlio ormai cresciuto. Quando minaccia di ucciderla dandole fuoco. Fatti che dovranno essere puntualmente ricostruiti davanti al collegio del Tribunale di Viterbo, di cui lo stesso imputato dovrà fornire spiegazioni.

Tomkow è in carcere in attesa che si chiudano le indagini sulla morte del figlio. All’appello mancano ancora le perizie, tra cui l’autopsia del medico legale, che dovrebbe spiegare come è morto il piccolo.

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Il Messaggero