Olio extravergine di oliva, nella Tuscia un'annata da ricordare

Olio extravergine di oliva, nella Tuscia un'annata da ricordare
Male la quantità. Benissimo la qualità. Quel 38 per cento di calo che era stato prospettato alla vigilia della stagione di raccolta delle olive, in alcuni casi...

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Male la quantità. Benissimo la qualità. Quel 38 per cento di calo che era stato prospettato alla vigilia della stagione di raccolta delle olive, in alcuni casi è arrivato addirittura al 50 per cento. Complici: i fattori ambientali, come le gelate tardive e le bombe d'acqua sopraggiunte poco prima della coglitura. Ma anche la mosca olearia ci ha messo del suo e così, in molte parti della Tuscia, gli olivicoltori si sono dovuti accontentare - si fa per dire - di «una qualità che forse non ha mai avuto eguali».


E proprio la qualità è il punto forte dell'oro della Tuscia. «A differenza di altri mercati - non usa mezzi termini il presidente provinciale di Coldiretti, Mauro Pacifici - nel nostro non è contemplato il raccolto delle olive cadute al suolo, quindi metà del raccolto l'abbiamo dovuto dare per perso. Questo perché a noi interessa la qualità ed è su questa linea che stanno lavorando, con buonissimi risultati, produttori e oleifici».

In un territorio contraddistinto da numeri sotto le media, per ciò che concerne la quantità, ci sono state due isole felici da cifre completamente opposto, si tratta delle zone di Tuscania e Canino. «Per noi - conferma il direttore dell'oleificio sociale di Canino, Claudio Mazzuoli - è stata una annata ottima sotto tutti i punti di vista. In primis perché abbiamo fatto segnare il nostro nuovo record di produzione con 110 mila quintali di olive consegnate a fronte del precedente massimo che si era fermato a 98 mila e una media storica che tocca le 80 mila unità». Un grande risultato frutto di diversi fattori che si sono combinati. «Arrivavamo da una stagione di scarica - prosegue il direttore Mazzuoli - quindi era fisiologico un aumento di produzione; fortunatamente le gelate tardive non ci hanno toccato, oppure lo hanno fatto in maniera marginale. Ma è stato fondamentale anche il lavoro di controllo e lotta alla mosca olearia portato avanti in sintonia da produttori e nostri uffici».


E ora si passa alla fase di commercializzazione di un prodotto che si sta ritagliando un ruolo tutto nuovo. «Sta cambiando l'utilizzo dell'olio - riprende Pacifici - che non è più visto come un semplice condimento, ma sta acquisendo una sua anima, tant'è che sta sempre più prendendo piede la figura del degustatore. Questa è la strada giusta per valorizzare un prodotto nobile che non ha nulla a che fare con quello che si trova a 3 euro sugli scaffali dei supermercati». Infine una provocazione: «Proviamo a fare un gioco per Natale: prendiamo un olio di scarsa qualità - dice Pacifici - e mettiamolo a confronto con quello di un frantoio del territorio. Concentriamoci su colore e sapore, da lì guardiamoci indietro e così cominceremo a capire i sacrifici e il valore che c'è nei prodotti made in Tuscia».
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Il Messaggero