Nadia, il dolore della madre: «Era gioia e vitalità». La Volley Oriolo ritirerà la maglia numero 14

Nadia, il dolore della madre: «Era gioia e vitalità». La Volley Oriolo ritirerà la maglia numero 14
«Nadia aveva compiuto 16 anni il 18 giugno, abbiamo fatto una festa bellissima. L’altro giorno aveva fatto la carne alla brace perché era la festa della sua...

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«Nadia aveva compiuto 16 anni il 18 giugno, abbiamo fatto una festa bellissima. L’altro giorno aveva fatto la carne alla brace perché era la festa della sua mamma naturale. E avevano pensato di portarla anche a noi. Venivano a Oriolo per portare la cena a noi». Francesca Matta è la madre affidataria di Nadia Ouedraogo, la ragazza investita lunedì sera da un furgone sulla Bassanese e morta mercoledì al Gemelli di Roma. E la descrive così: «Amava la pallavolo e la musica, da grande avrebbe voluto fare la pediatra, Non cercava la perfezione ma era perfetta». Intanto la sua maglia del Volley Oriolo, la numero 14, sarà ritirata.


A strapparle la vita sono state una serie di coincidenze sfortunatissime. A partire da quella ruota bucata, che le aveva costrette a fermarsi e a chiamare aiuto, prima che il furgone si schiantasse su di lei. L’uomo alla guida del mezzo ora è indagato per omicidio stradale. Il magistrato ha disposto l’autopsia sul corpo di Nadia, che verrà effettuata oggi a Roma. Motivo per cui la data del funerale non è stata ancora fissata. «Faremo comunque una cerimonia mista, perché lei era musulmana. Non sappiamo ancora – dice la madre – se in una chiesa o in una moschea». Francesca oggi è presidente dell’Arlaf. E proprio all’Arlaf si era rivolta per l’affido di Nadia. «In famiglia eravamo mio marito Giuseppe e mio figlio naturale, Lorenzo. A un certo punto – dice - abbiamo deciso di aprirci all’affidamento, rivolgendoci all’Arlaf. Era circa il 2010, Nadia era in Italia con il fratellino, Fadel, affidato anche lui a noi dopo la morte del padre naturale. Lei aveva 9 anni, lui 8 mesi. L’affidamento è sempre stato dal lunedì al sabato, il fine settimana lo passava con i genitori naturali».

La ragazza, originaria del Burkina Faso, ha frequentato la quarta elementare a Bassano Romano, dalla quinta fino alle medie è andata a scuola a Oriolo Romano. Quest’anno frequentava la seconda liceo linguistico a Bracciano. Nel frattempo i genitori naturali hanno vissuto a Bassano Romano prima e a Capranica poi. «E sono stati sempre presenti. Nadia? Era perfetta – continua la madre - ma non cercava la perfezione. Era gioia e vitalità, benvoluta in ogni ambiente che frequentava, dalla pallavolo all’Arlaf. Non aveva inquietudini, non temeva il giudizio né il pregiudizio. E non ne aveva. Era come se dicesse: io sono qui, per chi vuole». Cosa le piaceva? «La musica, la pallavolo. Ballava, anche a tavola, con Lorenzo giocava a pingpong. E amava cucinare. Da grande avrebbe voluto fare la pediatra: non c’è foto con presenza di bambini che non fossero insieme a lei. Li attirava, era una calamita, anche per la sua dolcezza».
Aveva ancora anche due fratelli in Africa, Rashid e Omar. «La madre naturale è distrutta, è molto simile a Nadia». Per i funerali bisogna aspettare che oggi venga effettuata l’autopsia. «Sarà una cerimonia mista, cattolica e musulmana. Un rito in comunione tra due religioni. Non sappiamo ancora – spiega ancora Matta - se in una chiesa o se in una moschea».


La Volley Oriolo ha deciso che la maglia numero 14 verrà ritirata. «Nadia – racconta l’allenatore della squadra, Fabio Garofalo – era una ragazza solare, sempre sorridente. La pallavolo era la sua passione più grande, si allenava quattro o cinque volte a settimana». Aveva iniziato a giocare da piccolissima, sempre in questo team. Partecipava già al campionato under 20 di seconda divisione. «Per l’età che aveva era una giocatrice molto brava, dimostrava 20 anni di esperienza: un livello tecnico e fisico molto alto. Il presidente aveva già manifestato l'intenzione di ritirare la maglia numero 14. Il prossimo anno, quando faremo quelle nuove, la consegneremo ai genitori. Poi intitoleremo un torneo a suo nome». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero