Morte di Maria Sestina, «La nonna di Landolfi cuore grande e mente lucida per falsa ricostruzione»

Il pm Pacifici e l'avvocato Luccisano sulla scena del delitto
«Le prove erano granitiche e ce ne ha dato atto la Corte d’Assise Appello». L’avvocato di parte civile Vincenzo Luccisano, che non ha mai dubitato che...

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«Le prove erano granitiche e ce ne ha dato atto la Corte d’Assise Appello». L’avvocato di parte civile Vincenzo Luccisano, che non ha mai dubitato che quello di Maria Sestina Arcuri fosse stato un omicidio, riflette sulle motivazioni dei giudici di secondo grado che con la loro sentenza di condanna a 22 anni per Andrea Landolfi hanno ribaltato il verdetto della Corte d’Assise di Viterbo.

«Non abbiamo mai capito la sentenza di primo grado - dice ancora Luccisano -, ma finalmente questa è una sentenza completa e decisiva, che ha toccato tutti gli aspetti del processo. Dalla posizione della nonna, alla giusta interpretazione delle parole del piccolo Mattia». I giudici di secondo grado, infatti, per arrivare alla sentenza di condanna per omicidio non hanno tralasciato nulla. A pesare è stata anche la condotta della nonna dell’imputato. Nonna che per i magistrati viterbesi aveva detto bugie a fin di bene, ma che nella rilettura dell’Appello suonano in maniera diversa.

«La precisazione della prima Corte - si legge nelle motivazioni - è completamente errata. La Iezzi ha mentito fin dall’audizione davanti ai carabinieri, l’anziana signora ha lucidamente mentito sugli orari per coerenza con la sua scrittura di una sceneggiatura da commedia in luogo del racconto di una tragedia». Un’anziana non solo inattendibile, ma che avrebbe anche preso in giro chi aveva davanti. «E non è il caso di scomodare aggettivi di forte impronta morale (meschino, diabolico, degenerato) - scrive ancora la Corte d’Appello - per decorare il comportamento della Iezzi». Sotto esame anche l’intercettazione della nonna durante l’attesa in Procura. L’anziana, parlando con i parenti, si lasciò sfuggire “quando l’ha buttata giù”, riferendosi alla vittima. Una frase che per la Corte d’Assise di Viterbo era ironica.

«Senza scomodare Freud - scrive ancora il presidente Vincenzo Gaetano Capozza - questa Corte tiene che la frase sottenda, semplicemente e banalmente, una chiara indicazione della dinamica della caduta. Per un momento, nella corazza della falsa ricostruzione propinata agli inquirenti e perfino ai parenti da questa nonna dal cuore grande e dalla mente lucida si è aperta una falla piccola ma significativa per escludere definitivamente la sua credibilità e per lumeggiare la vera dinamica della caduta. E la toppa cucita dalla Corte viterbese per rammendare questo buco si è rivelata di un tessuto tutt’altro che resistente».

Rilette in una luce completamente diversa anche le parole del figlio di Landolfi, che durante l’audizione protetta descrisse interamente la scena parlando proprio di un “lancio”. La Corte d’Assise d’Appello oltre a comminare una pena di 22 anni di carcere per l’omicidio ha stabilito una provvisionale per le parti civili, 100mila euro per ciascun genitore e 50mila per ogni fratello di Maria Sestina.

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Il Messaggero