VITERBO - La storia di Attilio Manca, trovato morto a Viterbo quasi dieci anni fa, in un libro presentato oggi alla Camera. "Le vene violate. Dialogo con un urologo siciliano...
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Oggi pomeriggio l'autore del volume (edito da Armenio Editore), il professore Luciano Armeni Iapichino, nella Sala del refettorio della Camera dei Deputati racconta com'è nata l'idea di un libro "a tu per tu" con il medico, la cui famiglia non si è mai rassegnata all'ipotesi investigativa della Procura di Viterbo: suicidio, morte indotta da un micidiale mix di droga e farmaci.
«E se Attilio fosse tuo fratello?», recita l'invito. L'evento è organizzato dall'Associazione nazionale amici di Attilio Manca (Anaam) e a incedere Iapichino ci sarà l'ex magistrato della Procura di Palermo - e titolare del fascicolo sulla trattativa Stato-mafia - Antonio Ingroia. Con lui il fratello di Attilio, l'avvocato Gianluca Manca, la mamma Angela, il loro legale Fabio Repici, il giornalista Luciano Mirone e Stefano De Barba, presidente Anaam.
Il 17 settembre scorso, quarantuno senatori della Repubblica, tramite un'interrogazione al ministero della Giustizia, avevano chiesto un'ispezione nella procura viterbese. Che dal canto suo si è sempre difesa: "Non ci sono elementi concreti per potere imboccare la pista della mafia".
Eppure per i Manca troppi sono gli elementi che potrebbero fare pensare al fatto che Attilio sia stato attirato in una trappola dagli "amici" barcellonesi (tra questi personaggi legati ai clan di Cosa Nostra), costretto a occuparsi del boss Bernardo Provenzano durante la sua latitanza e, infine, fatto fuori come testimone scomodo. Hanno fatto riaprire il caso più volte. Inutilmente.
Al momento resta una sola persona indagata per la morte dell'urologo: una donna romana che all'epoca avrebbe ceduto la droga ad Attilio. Ma le "vene violate", scritto da Iapichino, insegnante di Lettere in una scuola della provincia messinese, va oltre la verità giudiziale. Immagina un dialogo, domande e risposte, riflessioni, spunti, spaccati di vite qualsiasi in cui a un certo punto può entrare, dilaniante, la mano della mafia. Che uccide, annienta, più forte della verità.
Un messaggio anche per Viterbo dove il volume (con prefazione di Nichi Vendola e Sonia Alfano) non ha ancora venduto una copia. E dove il dolore della famiglia Manca si è fermato.
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Il Messaggero