Prima la telefonata della madre, Anna Maria Gambetta, al medico di famiglia che le consiglia di portare Aurora al pronto soccorso. Quindi, la corsa in ospedale con...
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Dalle notizie sinora trapelate, emerge che la ragazza viene fatta accomodare nella sala d'attesa, dove insieme ad altri malati aspetta il proprio turno per essere visitata. Se ne sta accoccolata alla madre, non smettendo di piangere. Il protocollo prevede che venga data la precedenza ai casi più gravi, quelli a cui è stato assegnato un codice rosso o arancione. Il verde, il suo, indica un paziente meno critico, con assenza di rischi evolutivi e prestazioni differibili.
Nonostante questo, succede che il primario Daniele Angelini, passando per la sala d'attesa nota quella ragazzina in preda alle lacrime e si avvicina. Inizia a parlare con la madre, chiede alla giovane il perché del suo malessere. E quindi, forse più per una casualità, se ne prende cura in prima persona. Nonostante su quei momenti, essendo in corso delle indagini - e dopo l'iscrizione del medico nel registro degli indagati - vige il massimo riserbo, si sa che il primario avrebbe misurato l'ossigenazione del sangue di Aurora, la cosiddetta saturazione. Parlando poi con la madre e con la ragazza, avrebbe elaborato una diagnosi per cui il malessere manifestato, compresi i problemi respiratori, non sarebbero dipesi da problemi psichici, ma da uno stato di ansia.
E' per questo che attiva subito il percorso dedicato, con la presa in carico da parte degli specialisti di Belcolle. Fissando per la prima data utile, ovvero il lunedì successivo, la visita da un neuropsichiatra. Nel frattempo, per placare quello che viene diagnosticato come attacco di panico in corso, somministra ad Aurora alcune gocce di calmante. Dopodiché il padre Giancarlo la riporta a casa. Ma dopo qualche ora, visto che la ragazza non migliora, i genitori chiamano di nuovo Angelini, che aveva persino lasciato loro il suo numero in caso di necessità.
Cosa sia successo poi, e cosa abbia provocato la morte della ragazza, potrà chiarirlo solo l'autopsia.
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Il Messaggero