Invalido grave prigioniero nella casa popolare senza montascale, il grido di Luca: «Io devo uscire»

Invalido grave prigioniero nella casa popolare senza montascale, il grido di Luca: «Io devo uscire»
Invalido a 46 anni vive come prigioniero in una casa popolare a Montalto di Castro, al secondo e ultimo piano di una palazzina senza montascale. Da più di un anno i...

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Invalido a 46 anni vive come prigioniero in una casa popolare a Montalto di Castro, al secondo e ultimo piano di una palazzina senza montascale. Da più di un anno i genitori dell’uomo hanno chiesto all’Ater di Viterbo di installare la piattaforma che consentirebbe al figlio spostamenti più semplici sia per le cure mediche di cui ha bisogno sia per stare un po’ fuori all’aria aperta e vedere gli amici. Dal letto dove ormai passa per intero le sue giornate, Luca Lupidi dice con voce chiara e forte: “Io devo uscire, non ce la faccio più a vivere chiuso qui dentro”.

“La prima richiesta è del 27 agosto 2021. Dall'Ater ci ricontattarono a ottobre, dicendo che non c’erano soldi per intervenire. Qualche giorno dopo vennero per un sopralluogo e da allora sparti. Lo scorso gennaio abbiamo inviato una mail di sollecito ma non ci hanno risposto e al telefono sono irreperibili. Siamo abbandonati così”, raccontano Giulio e Margherita, 74 e 65 anni, pensionato lui, casalinga lei.

Stamattina Luca, un uomo che sembra un ragazzo, altezza un metro e 96 centimetri per 120 kili, dovrà tornare in ospedale per sottoporsi all’ennesimo intervento chirurgico. Soffre di una patologia neurologica grave che non gli permette più di camminare. Lasciare casa senza montascale sarà un’impresa: dovranno sistemarlo su una sedia, poi in quattro persone sollevarlo di peso e portarlo giù per quattro rampe di scale, in fondo alle quali ci sono altri scalini, all’esterno di un palazzo senza rampa. I genitori di Luca  per questa operazione si stanno organizzando da giorni, hanno mobilitato parenti e amici. “Prima ci arrangiavamo da soli con un piccolo robot che ci è stato donato dalla Misericordia. Ma il macchinario non ce la fa più. Quando proprio serve allora chiamiamo qualcuno a darci una mano con la sedia”. Un calvario nel calvario. Non senza rischi.

Le uscite di Luca si sono fatte sempre più rare. Dopo l’intervento a cui si sottoporrà oggi il 46enne dovrà intraprendere terapie, sedute che si ripetono più volte a settimana, come già in passato. “Come faremo?”, si domandano i genitori. Tra le ipotesi quella di noleggiare un robot più potente. Idea scartata: “Lo abbiamo fatto già in passato, ma i costi sono troppo elevati: 300 euro al mese". Intanto la clausura forzata causa a Luca ulteriori sofferenze. L’uomo fino a qualche anno fa aveva una vita normale. “Faceva il muratore. Ama il mare e ha molti amici”. La malattia ogni tanto gli concede una tregua. "Periodi limitati, poi le ricadute, improvvise. La scorsa estate per un po’ è riuscito a scendere le scale da solo, con uno di noi che lo assisteva. Poi in sedia a rotelle lo portavamo al bar dove giocava a carte con gli amici, oppure andavamo al mare, dove faceva il bagno. Ora si alza solo per i pasti”.

Conferma il racconto della famiglia Lupidi il segretario provinciale Sicet (Sindacato inquilini casa e territorio) Marco Proietti: “Anche a noi l’Ater disse che non c’erano soldi. Ma ci deve essere per forza un fondo regionale o dell’Ater stessa per emergenze simili. Una soluzione va trovata e in tempi rapidi”. Due mesi fa i Lupidi hanno contattato anche i Servizi sociali del Comune di Montalto: “Pure loro – dicono Giulio e Margherita - non sono riusciti a mettersi in contatto con l’Ater. Poi ci hanno detto che ci avrebbero aggiornati nei giorni seguenti, ma non li abbiamo più sentiti”.

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Il Messaggero