I carabinieri del Nas di Viterbo, nell'ambito dei servizi su prevenzione e repressione del fenomeno dell’assenteismo, ha svolto un'indagine sui medici di...
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Nel corso dell’inchiesta, partita nel mese di giugno 2017, coordinata dalla Procura viterbese, sono state monitorate le condotte illecite di medici, sia ricorrendo ad attività di indagine tradizionale che con l'impiego di strumenti tecnici, in considerazione della peculiarità del servizio svolto degli stessi.
Ai tre indagati viene contestato di avere “gravemente contravvenuto alle disposizioni di Legge, le quali stabiliscono che il medico che assicura la continuità assistenziale (più comunemente conosciuta come Servizio di Guardia Medica) deve fornire il proprio servizio attivo, nella sede assegnatagli dalla Azienda, dalle ore 10 del giorno prefestivo alle ore 8 del giorno successivo al festivo e dalle ore 20 alle ore 8 di tutti i giorni feriali e rimanere a disposizione, fino alla fine del turno, per effettuare gli interventi, domiciliari o territoriali”.
Le attività dei Nas hanno documentato che i tre medici si presentavano sul luogo di lavoro in ritardo e smontavano con ampio anticipo; altre volte, durante l’orario di servizio, si allontanavano arbitrariamente dalla postazione per svolgere incombenze di natura privata e personale. Inoltre, come acclarato per uno degli indagati, per esercitare la professione medica nel proprio studio privato.
In un comunciato la Asl ha condannato «fermamente quanto emerso dall’inchiesta e ribadisce che, al fine di tutelare la propria immagine pubblica e la serietà professionale della stragrande maggioranza dei propri dipendenti e, come in questo caso, dei propri collaboratori, con determinazione procederà nel percorso intrapreso al suo interno a garanzia della trasparenza e della legalità». Inoltre, come «è già avvenuto in passato, questa azienda utilizzerà tutti gli strumenti di sua competenza per fare piena luce rispetto a quanto sin qui accertato dalla Procura della Repubblica e per applicare tutte le misure sanzionatorie che la legge le consente». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero