Tarquinia, in centro la resistenza dell'ultimo calzolaio

Tarquinia, in centro la resistenza dell'ultimo calzolaio
La bottega nel centro storico di Tarquinia è divisa in due ambienti separati da una porta a vetri a tre ante, davanti c'è il bancone dove Luigi Loreti, 63...

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La bottega nel centro storico di Tarquinia è divisa in due ambienti separati da una porta a vetri a tre ante, davanti c'è il bancone dove Luigi Loreti, 63 primavere portate alla grande, riceve i clienti. Dietro invece, il laboratorio dove dà nuova vita alle scarpe e produce cinte di qualità. C'è una piacevole musica di sottofondo, l'odore del cuoio che domina ovunque è richiamato visivamente da un doghettato di legno scuro che copre, come un'armatura, il divisorio muro portante. E ancora, appena superato l'ingresso, ecco uno scaffale pieno di scarpe: stivali, mocassini, scarpini da calcio. Riposano vicine ai ferri del mestiere' (tra questi un curioso allarga scarpe) pronti per la capsula del tempo.

L'IMPRESA

Apre, Luigi, la mattina quando i bar non hanno ancora macinato il primo chilo di caffè e ci resta fino a quando le pietre dei vicoli non vengono allagate dalla luce arancione dei lampioni. L'avventura, racconta, «è iniziata nel 1983, senza una motivazione apparente se non quella di trovare un'occupazione dopo la leva militare». Otto anni di apprendistato con un socio accanto, la necessità che innaffiata diventa passione, poi la decisione di aprire un'attività sua. I primi passi complicati, la clientela da fidelizzare e una concorrenza «che non era quella di oggi ma molto più serrata. Il lavoro, però, non è mai stato un problema: ce n'era in abbondanza», spiega. Con quelle giornate passate in bottega, tra un tacco ed una cerniera, Luigi ha costruito la sua felicità e dato pane alla famiglia.

IL CAMBIAMENTO

Poi però qualcosa è cambiato: «Negli ultimi dieci anni c'è stato un calo significativo - continua - tanto che a Tarquinia siamo rimasti in due a fare questo lavoro per 16mila persone». Trentatré anni dopo quella lampadina accesa per la prima volta, il mondo è molto più diverso: non corre più su gomma ma viaggia su filamenti di silice. «La grande distribuzione produce in serie, con materiali spesso scadenti ma a costi bassissimi aggiunge Loreti -. Questo significa che quando una scarpa si rompe, un tacco si consuma o una suola si rovina, non c'è necessità di ripararle perché aggiungendo una decina di euro si può acquistare un nuovo paio».

LE DIFFICOLTÀ

Una spirale negativa, ormai difficile da arrestare, in cui anche la moda ha avuto il suo ruolo: «Le scarpe da ginnastica prima venivano usate solo per l'attività fisica, ora vanno per la maggiore. Quelle in pelle, o in cuoio, oggi sono utilizzare soprattutto invece per le cerimonie. Sono pochi quelli che le indossano per tutti i giorni». C'è comunque un mercato che resiste, che è quello delle donne: «Stivali e tacchi non mancano mai», scherza Luigi. Che, ad un passo dalla pensione, a tirare i remi in barca non pensa proprio, nonostante le difficoltà ed un parco clienti che si assottiglia. Clienti che hanno carte d'identità rilasciate da comuni diversi.

Oltre a Tarquinia, vengono da Roma (soprattutto in estate quando si apre la stagione), Montalto di Castro, Monte Romano, Orbetello, «paesi - conclude - dove questo lavoro sta morendo». Luigi resiste e pensa a come reinventarsi. Una volta al mese passa un viaggiatore' (così chiama il rappresentate) che dentro la sua valigetta porta cuoio. Cuoio che lui trasforma in idee solide. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero