«Il cielo è nascosto da una cappa di fumo. I lampioni, spesso, accesi anche di giorno. È quasi un crepuscolo perenne, da due mesi non vediamo nitidamente...
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Andrea Perugini, viterbese che 10 anni fa ha deciso di traferirsi in Australia (oggi abita a Sydney dopo essere passato da Adelaide e Melbourne), sta vivendo sulla sua pelle gli effetti dei devastanti incendi che da settembre stanno divorando, ettaro dopo ettaro, la nazione.
«La situazione è drammatica, il paese è in ginocchio – racconta – le fiamme non arrivano in città, i focolai sono distanti circa 80km ma i venti spingono fumo e polveri fin qui. Fino a una settimana fa, quando dopo 3 mesi sono scese poche gocce di pioggia, l’aria era irrespirabile. L’odore di bruciato resta nelle narici e non ti molla».
Nelle strade, la vita va avanti tra paure e limitazioni: gli uffici pubblici viaggiano a orari ridotti e parecchie scuole hanno ritardato l’apertura in attesa che la situazioni migliori. «Gli ultimi giorni di dicembre sono stati i più difficili. Tante persone si stanno arruolando volontariamente per dare una mano - continua Perugini - Anch’io ho fatto richiesta ma non ho avuto la possibilità: per chi è senza esperienza serve una
corso di 110 ore ma, al momento, le forze sono tutte impegnate e i tempi ridotti. Le squadre dei vigili del fuoco sono al lavoro 24 ore su 24».
Come le raccomandazioni del governo che rimbalzano sui canali televisivi: utilizzare una mascherina per uscire, limitare le uscite e razionare le risorse idriche utilizzando dei recipienti invece che l’acqua corrente.
«Lo stato di allarme lanciato a novembre non è mai stato abbassato neppure in città, ma la vera angoscia serpeggia nei piccoli centri intorno – continua - Molti hanno auto cariche di acqua e beni di prima necessità, pronti a scappare qualora le fiamme dovessero essere una minaccia».
Chi non può organizzarsi sono gli animali, una strage che rischia di mettere a rischio la sopravvivenza di decine di specie: «Canguri, rettili, koala e uccelli migratori, le foreste si sono trasformati in enormi cimiteri – dice Perugini – c’è la paura di non riuscire a recuperare più le biodiversità e di vedere distrutto un habitat unico».
«Tutti i veterinari sono mobilitati, il governo ne sta cercando all’estero per curare il più alto numero di esemplari. Molti stanno rispondendo, l’uomo - è la riflessione - ha creato questo disastro e l’uomo deve metterci mano se non vuole sparire anche lui, questo è il sentimento che sta unendo tutta l’Australia».
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Il Messaggero