Hubner, la bella baronessa che inventò un borgo per le sue operaie

Dalle ultime ricerche emergono tracce di amicizie inquietanti che legarono l’imprenditrice a personaggi come Ciano e Kesserling

Hubner, la bella baronessa che inventò un borgo per le sue operaie
Bianca Maria Hubner, una bellezza da fotoromanzo e un passato da attrice nel cinema muto, approda nel Viterbese nel 1941 per mettere in piedi l’azienda agraria...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Bianca Maria Hubner, una bellezza da fotoromanzo e un passato da attrice nel cinema muto, approda nel Viterbese nel 1941 per mettere in piedi l’azienda agraria l’Arcione, a Castel d’Asso. Una trasformazione fondiaria segnata da un progetto filantropico: costruire un borgo avanguardistico per i suoi operai, una realtà attiva fino al 1960.

Nuovi aspetti della sua straordinaria vita arrivano da Silvio Cappelli (che nei giorni scorsi ha presentato a Viterbo il suo libro, “La baronessa volante”). Cappelli svela alcune scoperte emerse durante il suo lavoro di ricerca su un caso di lungimirante imprenditoria femminile. In particolare, alcuni legami misteriosi con il gerarca Galeazzo Ciano, genero di Mussolini, e il feldmaresciallo Albert Kesserling.

LA FILANTROPA
«Nel Dopoguerra, l’abitato dell’Arcione, con tanto di chiesa, scuola e ambulatorio medico, rappresentava un microcosmo da imitare. C’erano persino gli alloggi per le maestre e un servizio di biblioteca circolante e questo la dice lunga sulla battaglia della Hubner all’analfabetismo. Ha dato anche una svolta all’emancipazione femminile impiegando centinaia di donne», spiega Cappelli. 
Nei salotti buoni del nord Italia, dove vola in aereo per eventi gala, la baronessa fa notizia. Alcune riviste (tra cui “Il Candido”, periodico anticomunista) incoronano il “sogno” di Castel d’Asso. «C’è un ricordo positivo in chi l’ha conosciuta, era benvoluta» dice l’autore che ha ricomposto le testimonianze degli ex lavoratori.

LE AMICIZIE
Ed è riannodando le fila dei ricordi che spunta, da più fonti, il nome di Ciano, presumibilmente legato da un’amicizia con la Hubner. «Si tratta di voci che non hanno riscontri certi», precisa Cappelli che tuttavia, spulciando tra le carte dell’Archivio di Stato di Viterbo, si è imbattuto in un corposo fascicolo della Prefettura di Viterbo risalente al settembre del 1943 e in cui s’indaga sull’illecito arricchimento dell’ex ministro. Tra gli investimenti di «non giustificata provenienza» ci sono la tenuta della Commenda (nel territorio di Montefiascone) e quella di Torre Alfina. Quest’ultima figurerebbe intestata a un ebreo e, nonostante il legame con Ciano non sia accertato, il questore di Viterbo puntualizza come, in un periodo di leggi razziali antisemite, è verosimile ipotizzare la collusione di «alte cariche politiche interessate» ai terreni. Gli acquisti – si legge dalle carte – sarebbero avvenuti tramite prestanome, per intermediazione di un noto avvocato viterbese vicino ai gerarchi fascisti e arricchitosi grazie ad affari di questo tipo. Compare anche una società anonima a copertura di altri nomi di spicco, come il giornalista Mario Appelius. Per Cappelli «si tratta di spunti che meriterebbero un approfondimento più mirato».

Ancora irrisolto è il presunto legame tra Bianca Maria Hubner e Albert Kesserling, capo supremo delle forze tedesche, che dopo l’8 settembre trasferì il Comando tra Ronciglione e il monte Soratte. In un articolo uscito sul periodico “Biblioteca & Società” a firma di Giovanni Battista Sguario, si afferma che il feldmaresciallo tra il settembre del 1943 e il giugno del 1944 abbia avuto frequenti visite con la nobildonna imprenditrice che parlava il tedesco. «Erano incontri dettati da esigenze di approvvigionamento dell’esercito o di attività segrete di raccolta d’informazione? È difficile azzardare una risposta senza la controprova di fonti certe», chiude Cappelli. Ma se pure abbozzato da voci, rimane il “giallo” della giustapposizione tra il disegno umanitario della baronessa e le ombre torbide del Ventennio, con i suoi strascichi di continuità storica. 

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero