Crac Esattorie, amministratori assolti da ogni accusa

Fiamme gialle
Crac Esattorie, tutti assolti. Per il collegio del Tribunale di Viterbo il fatto non sussiste. Finisce così il lungo iter giudiziario per Carlo e Sandra Marcucci,...

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Crac Esattorie, tutti assolti. Per il collegio del Tribunale di Viterbo il fatto non sussiste. Finisce così il lungo iter giudiziario per Carlo e Sandra Marcucci, amministratori fino al 2013 della società incaricata da Palazzo dei Priori della riscossione dei tributi. Il pm aveva chiesto 5 anni di reclusione per ciascun imputato e tre milioni di risarcimento. La storia è nota e inizia quasi 10 anni fa.

Quando l’allora sindaco Leonardo Michelini e il dirigente del settore ragioneria Stefano Quintarelli presentano un esposto in Procura sulla situazione della partecipata. E parte l’indagine delle fiamme gialle, coordinate dalla procura. Secondo quanto ricostruito dalle fiamme gialle ci sarebbe stato un buco di almeno tre milioni e mezzo di euro nelle casse comunali. Tributi riscossi, ma che non sarebbero mai stati versati al legittimo proprietario. Nella prima udienza del 2019 davanti al collegio il difensore dei Marcucci, avvocato Manlio Morcella del foro di Terni, aveva rinnovato la richiesta – già presentata in sede di udienza preliminare e dal gip rigettata - l’intenzione di patteggiare, in particolare per la donna.

Sandra Marcucci, figlia di Carlo, sarebbe stata pronta a patteggiare un anno e otto mesi di reclusione, dopo aver, secondo il suo difensore, rimpinguato le casse del Comune. Una condizione fondamentale, visto che in caso di peculato il patteggiamento è ammissibile solo se si restituisce integralmente il profitto del reato. Ma il collegio respinse l’istanza procedendo col rito ordinario. Durante la richiesta pene il pm ha chiesto 5 anni di reclusione per ogni imputato. E il Comune di Viterbo, parte civile con l’avvocato Alessandro Diddi, tre milioni di euro come risarcimento. Per i magistrati non era previsto uno sconto di pena. Ma il collegio dopo aver valutato gli atti ha sentenziato che il fatto non sussiste.

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Il Messaggero