Covid, seconda Pasqua di chiusura e nuove restrizioni. I ristoratori si preparano alla protesta

Covid, seconda Pasqua di chiusura e nuove restrizioni. I ristoratori si preparano alla protesta
Pasqua, serrata a metà. Molti i ristoranti che hanno deciso di puntare su asporto e domicilio per non morire di inedia nella speranza di limitare le perdite. Intanto monta...

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Pasqua, serrata a metà. Molti i ristoranti che hanno deciso di puntare su asporto e domicilio per non morire di inedia nella speranza di limitare le perdite. Intanto monta la protesta e prende sempre più piede l’ipotesi di una manifestazione, martedì prossimo, all’esterno del casello di innesto per la A1 a Orte.


«Spezzare l’Italia» il motto che circola. Un blocco simbolico per accendere i riflettori su una crisi drammatica che non dovrebbe coinvolgere solo il mondo della ristorazione ma tutta una serie di categorie duramente toccate dalla pandemia.
«Ci stanno impedendo di lavorare e da un po’ ci stanno prendendo pure la speranza», spiega Massimo Meli chef del ristorante ‘Lo scorfano della Pentolaccia’ di via San Pellegrino.
«Per come siamo messi la chiusura di Pasqua è il minore dei problemi – continua Meli -, perché davanti abbiamo un altro mese di chiusura, l’ennesimo dopo un anno di restrizioni».
Nel corso dell’anno solare, dallo scoppio della pandemia e dal primo lockdown di marzo 2020 deciso dal governo Conte, sono stati 243 i giorni di chiusura serale a cui vanno aggiunte le durissime restrizioni natalizie periodo che, per molte attività, rappresenta fino al 25% del fatturato annuo.
«Basta fermarsi a ragionare un attimo per capire che qualcosa non sta funzionano a dovere e che di tutto abbiamo bisogno fuorché di restare con le mani in mano altro tempo – continua Meli - anche perché mi sembra che solo ristorazione, palestre e cinema stiano pagando un prezzo così alto».
La serrata imposta dall’ esecutivo Draghi fino al 30 aprile con l’ultimo DPCM non permetterà, salvo casi improbabili ed eccezionali legati a un crollo del contagio che al momento non sembra proprio dietro l’angolo (e che dovrebbe restare ad ogni modo su base regionale e non provinciale), un allentamento delle misure in vigore con l’Italia che oscillerà tra l’arancione e il rosso della massima allerta.
«Tradotto un altro mese di spese e nessuna entrate. Di bollette da pagare e soldi che non ci sono – continua Meli - Questo governo è forse peggio del precedente. I ristori continuano a non arrivare e la situazione è peggiorata. Mi chiedo se si rendano conto di come la nostra categoria e le nostre famiglie siano costretta a vivere».

A parlare ci sono i numeri delle attività in crisi, costrette a fare a meno del personale, destinati ad aumentare nel prossimo mese in un clima di rabbia ed esasperazione. «Ci teniamo a galla con il bar ma il ristorante, l’investimento più importante inizia a fare la ruggine – spiega Fabrizio Burla, titolare de ‘Le Meridiane’ -. Penso di parlare a nome di tutti quando dico che siamo vicini a far tracimare il vaso». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero