Coronavirus, palestre e la fase 2: «Trattati come aziende di serie B»

Gianluca Tarolla
«Migliaia di euro in fumo. E non solo, l’incertezza e la paura di veder cancellati 18 anni di lavoro». Gianluca Tarolla, 39 anni, scuote la testa. La sua...

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«Migliaia di euro in fumo. E non solo, l’incertezza e la paura di veder cancellati 18 anni di lavoro». Gianluca Tarolla, 39 anni, scuote la testa. La sua palestra nel cuore di Tarquinia è vuota da 2 mesi. Ci va ogni giorno per lubrificare le articolazioni delle sue macchine, togliere la polvere dai manubri e lasciar scaricare i cavalli del motore dei tapis-roulants.


Insieme a un altro viterbese, l’ex mister universo Franco Malè, è tra i promotori di una pagina social che chiede la riapertura delle palestre.  «Siamo arrivati a 10mila iscritti – dice Gianluca – e le adesioni continuano a arrivare». La Fase 2, quella del lento ritorno alla normalità, ha lasciato indietro il mondo del fitness, un’industria da miliardi di euro che non si ferma alle palestre, ma abbraccia decine di figure professionali con migliaia di persone a libro paga.

«Siamo l'ultima ruota del carro – scherza, ma non troppo, Tarolla – permettono ad altri sport di ripartire e a noi dicono di aspettare. Ci parlano di distanziamento sociale poi pensano di far salire migliaia di persone ogni giorno sui mezzi pubblici, come se il virus facesse delle distinzioni». 

Rabbia e frustrazione per una roadmap chiusa nel cassetto e un limite temporale che sembra destinato a spostarsi oltre il priprio giugno, data fissata per le riapertura delle aziende più rischio: bar, ristoranti, parrucchieri e estetisti. Per Tarolla, che interpreta e riporta il pensiero di gran parte della comunità fitness, le criticità per la ripartenza saranno molte: dalla paura del contagio, alla gestione degli iscritti.


«Le idee però non mancano – continua – oltre al gel igienizzante, al potenziamento dell’areazione e a un rafforzamento della sanificazione di sala e spogliatoio, c’è la possibilità degli ingressi contingentati. Stabilire giorni e orari in base alle esigenze del cliente. Si tratta di una limitazione importante per chi sceglie di allenarsi in palestra ma, per un periodo di tempo ridotto, è ipotizzabile. Parliamo di realtà circoscritte, i grandi centri rischiano di restare tagliati fuori. Una soluzione comunque si trova, come si sta trovando per altre attività fisiche».  Prima di pensare alla riapertura, ci sono però i conti da fare.  «Spesso, non tornano – conclude Tarolla -  chi ha un affitto importante da sostenere o ha avuto la sfortuna di fare investimenti  in questi mesi, potrebbe non farcela. Chi ha le spalle larghe e spese limitate, ha invece qualche speranza in più. Lo Stato deve intervenire: bollette, rate di leasing e finanziamenti continuano ad arrivare. Di questo passo una fase 2 potrebbe non servire». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero