«Solo un castello di carte che verrà giù presto». Il presidente della Fondazione Vulci, Carmelo Messina, liquida così l'accusa di peculato....
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«La mia contestazione spiega Messina è di 36mila euro in tre anni. Soldi che sono stati bloccati sul mio conto. Aspettiamo serenamente il giudizio. Se abbiamo ragione ce li ridaranno, altrimenti...». Il peculato, secondo la Procura di Civitavecchia, si è verificato ogni qualvolta i soldi pubblici venivano spesi per pranzi, cene e un funerale. «E' vero, ho speso 5.800 per funerale. Ma non per quello di un mio parente, ma quello di un dipendente di Fondazione Vulci. Morto improvvisamente per un infarto. La famiglia era in grossa difficoltà, ce ne siamo fatti carico. Volevo che il morto avesse due famiglie, quella sua e quella del lavoro. Sono cresciuto nella cultura del socialismo umanitario, evidentemente mi ha formato e mi ha portato a dire che l'accollo era mio. Volevo dare un segnale. Potevo dare una gratifica e non incappare nel reato di peculato, ma ho scelto il segnale. E allora mi condannino, non sarò Matteotti ma sono uomo di principi».
L'altra contestazione riguarda 5mila euro di spese per premi. «Abbiamo organizzato non so quante gare a Vulci, equestri, canine, di ciclocross e abbiamo previsto dei premi. Peccato che non hanno considerato che quelle gare sono promozione per il parco, perché hanno attirato tantissime persone che hanno pagato il biglietto». E poi i pasti. «La contestazione dei pranzi è di 12mila euro. Praticamente l'1% del fatturato. Per Vulci conclude - abbiamo fatto di tutto, con due lire abbiamo messo in piedi un sistema che ha permesso di aumentare del 30% i visitatori. Ma questo non è importante». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero