Forte richiesta di prodotto: gli agricoltori della Tuscia scommettono sul grano

Forte richiesta di prodotto: gli agricoltori della Tuscia scommettono sul grano
Più ettari coltivati a grano, per il presidente di Coldiretti Mauro Pacifici è «un segnale importante per tutto il settore». Le quotazioni al ribasso sui...

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Più ettari coltivati a grano, per il presidente di Coldiretti Mauro Pacifici è «un segnale importante per tutto il settore». Le quotazioni al ribasso sui maggiori mercati di riferimento (-8/10 euro a tonnellata nelle ultime settimane) non spaventano le imprese «per due ragioni - spiega ancora Pacifici - : da una parte la legge sulle pratiche sleali approvata nei mesi scorsi mette al riparo gli agricoltori da perdite ingenti, dall'altra il prodotto italiano è in ascesa: c'è una grande richiesta».

L'aumento degli investimenti sul grano, e sui cerali in generale, ha anche un'altra ragione: lo sblocco da parte dell'Unione europea di ettari di terreno destinati alla semina, un'azione arrivata lo scorso marzo, in risposta agli effetti del conflitto russo ucraino e allo stop di esportazioni, e accolta in maniera molto favorevole da Coldiretti che da mesi batte sulla difesa del brand Italia e sulla necessità di raggiungere quanto prima la autosufficienza alimentare.

«La guerra, e tutto quello che è seguito, ha svelato la fragilità del sistema di approvvigionamento - continua Pacifici - e noi che siamo autosufficienti per appena il 50% del grano, il resto dobbiamo importarlo con tutto quello che comporta». Il riferimento è alle massicce importazioni, soprattutto dal Nord America, e all'immissione sul mercato di prodotto più conveniente e capace di abbassare il prezzo con conseguenti negative sulle imprese, le previsioni delle quali rischiano in questo modo di essere disattese.

«Piuttosto che importare grandi quantità di grano l'obiettivo di produrlo - aggiunge ancora Pacifici - è una forma di tutela per le imprese e, insieme, tutto il tessuto economico». Tutele quanto mai utili, il terremoto che sotto forma di rincari prima e siccità poi ha colpito il settore primario avrà effetti duraturi; gli importi più alti che gli agricoltori si sono visti riconoscere dalla grande distribuzione in fase di vendita non bastano infatti a coprire le spese. Per capire l'entità del problema bastano pochi numeri: tra il 2021 e il 2022 i costi di produzione (la somma di materie prime, elettricità, fertilizzanti) sono raddoppiati.

L'ultima incognita poi si chiama gasolio. La lieve discesa del prezzo a gennaio (1,236 euro al litro, -1% rispetto a dicembre 2022 ma +22% su gennaio 2022) potrebbe essere un'illusione. Lo stop delle importazioni dalla Russia rischia infatti di essere alla base di una nuova pesante fiammata, tale da mettere in crisi fino al 10% delle aziende presenti sul territorio.
 

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Il Messaggero