Civita Castellana , lo strano caso del conte archeologo, tombarolo e garibaldino. Un libro scritto da Maria Cristina Biella e Jacopo Tabolli

Il Museo di Villa Giulia
Tra i civitonici illustri e quasi dimenticati c'è il conte Francesco Mancinelli Scotti. Nato a Civita Castellana il...

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Tra i civitonici illustri e quasi dimenticati c'è il conte Francesco Mancinelli Scotti.

Nato a Civita Castellana il 23 luglio del 1847, è certamente una figura minore della nostra archeologia nazionale, ma meritevole di essere indagata perché a lui, sempre a cavallo tra lecito e illecito, si devono alcune tra le più rilevanti indagini archeologiche condotte tra ultimi decenni dell'800 e inizi del 900 nella Tuscia e oltre. Tra i luoghi in cui scavò più intensamente si ricordano: Civita Castellana, Narce, Nepi, Veio, Tarquinia, Vulci, Tuscania, Bisenzio e Ferento.

Tuttavia non è stato il solo profilo archeologico di Mancinelli Scotti a meritare un approfondimento. Uomo di grandi slanci, che lo portano a vent'anni a entrare nelle fila garibaldine, è sodale di Ricciotti Garibaldi, direttore di giornali locali (Il Cittadino Ternano, l'Anticlericale, l'Eco operaio) che ben dipingono il clima culturale del primo periodo postunitario. A questa singolare figura è stato dedicato il volume. Lo strano caso di Francesco Mancinelli Scotti, pubblicato dalla Fondazione Luigi Rovati e uscito in questi giorni.Così lo descrive Augusto Jandolo: «Questo conte era un tipo alla buona, aristocratico di provincia: quando lo conobbi era già anziano, sempre in nero con due baffetti brizzolati e un largo cappello di feltro. Alto, svelto, magro, piuttosto trasandato nel vestire, non voleva né sapeva parlare altro che di scavi e di suppellettile di tomba».

Mancinelli Scotti, infatti, colto a 40 anni dalla passione per l'archeologia, opera come infaticabile e fortunatissimo scavatore, collezionista e mercante di antichità. Coinvolto nella creazione del Museo di Villa Giulia a Roma a fianco di studiosi del calibro di Felice Barnabei e Adolfo Cozza, vende però anche a collezioni e musei americani (Philadelphia, Berkeley, Chicago) le sue scoperte, spesso alterando i dati di provenienza.Questa sua ambivalenza è possibile, per via del periodo in cui si trova ad operare: gli anni a cavallo tra fine 800 e inizi 900 sono quelli in cui comincia a solidificarsi il controllo da parte dello Stato degli scavi, la lotta all'esportazione incontrollata di materiale archeologico all'estero e alla dispersione nel mercato antiquario.

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Il Messaggero