Dal Viterbese alla Thailandia: il ristoratore solidale che offre mille pasti ai meno fortunati

Dal Viterbese alla Thailandia: il ristoratore solidale che offre mille pasti ai meno fortunati
Dalla Tuscia alla Thailandia senza perdere la dote della solidarietà. Valter Paccasassi, ristoratore cinquantenne di Civita Castellana, da dieci anni vive insieme alla...

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Dalla Tuscia alla Thailandia senza perdere la dote della solidarietà. Valter Paccasassi, ristoratore cinquantenne di Civita Castellana, da dieci anni vive insieme alla moglie a Pattaya (da ieri zona protetta per il virus), la città turistica sulla costa orientale asiatica, dove gestisce tre bar-tavola calda che danno lavoro a 50 persone. Qui ha dato il via a un’iniziativa umanitaria che forse non ha precedenti: fornisce un pasto caldo a quasi mille persone ogni giorno.


Anche lì è arrivato il coronavirus, che ha fatto crollare il turismo. La disoccupazione è tornata ai massimi livelli, come la povertà. Valter, insieme alla moglie Tim, il papà Otello e alla mamma Francesca (bloccati dal virus non possono rientrare in Italia) si sono resi protagonisti di un gesto nobile. Da dieci giorni, nel primo pomeriggio consegnano in strada ai più disagiati 700-800 pasti; altri 120 li portano all’ospedale della città.

«Stiamo vivendo una situazione drammatica – dice Valter - : il turismo è finito, gli alberghi, i ristoranti e le discoteche sono chiusi e hanno licenziato tutti. Qui le persone vivono alla giornata, molti sono finiti sul lastrico e allora abbiamo pensato a un atto un gesto umanitario per rendere meno dolorosa la vita di questi giorni». L’idea di offrire un pasto è stata della moglie. «Lei conosce le abitudini locali essendo tailandese – racconta ancora Valter – e ha compreso le difficoltà dei connazionali. Ogni giorno si cucina un quintale e mezzo di riso o spaghetti di soia, e un piatto tradizionale. Ci aiuta anche un amico italiano, a livello economico, che sostiene la spesa con noi».

La consegna avviene all’esterno di un suo locale con tutte le precauzioni. Qui òa fila per avere il cibo inizia un’ora prima e la coda arriva anche a 400 metri. «Un gesto che ci riempie di orgoglio e tristi nello stesso tempo – dice sempre Valter - ma ci consente di aiutare persone che hanno stampato sul volto la paura e lo spavento. Il mio cuore resta sempre a Civita, dove c'è il resto della famiglia. Un po' di nostalgia c'è, mi mancano gli amici, la piazza  e soprattutto il carnevale e il gruppo di Catarì». 

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Il Messaggero