Ceramica, materie prime: fornitori sul piede di guerra per i ritardi sulle riaperture

Ceramica, materie prime: fornitori sul piede di guerra per i ritardi sulle riaperture
Anche i fornitori di materie prime delle ceramiche del distretto industriale iniziano a premere. La quarantena imposta alle imprese per il coronavirus inizia a pesare oltre misura...

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Anche i fornitori di materie prime delle ceramiche del distretto industriale iniziano a premere. La quarantena imposta alle imprese per il coronavirus inizia a pesare oltre misura e anche loro si sono aggiunti alla lista - guidata da imprenditori, associazioni di categoria (Unindustria e Federlazio), artigiani, commercianti - che chiedono una riapertura delle fabbriche prima del 4 maggio.


Il motivo oltre che quell’economicoproduttivo è anche di non farsi trovare impreparati al termine della clausura. Non a caso è stato anche sottoscritto un accordo tra Confindustria e le organizzazioni sindacali di categoria dei ceramisti di Filctem Cgil, Femca Cisl e Ultec-Uil in cui al primo posto è stata messa la salvaguardia della salute dei dipendenti.

Anche se nessuno lo dice (forse per scaramanzia), tutti sperano a questo punto che nel decreto in arrivo prima di fine mese e frutto di un accordo Stato-Regioni, dove verranno annunciate le deroghe anche il settore della ceramica ne faccia parte visto che per l’edilizia le chance sono alte. «Siamo uno degli anelli deboli della catena – dice allarmato Ermanno Gagliardi, ad del colorificio Gemica - dobbiamo mantenere gli impegni con i nostri fornitori e non possiamo fornire il materiale ai nostri clienti che sono chiusi e pertanto non ci sono incassi e i magazzini sono pieni».

Qualche azienda ha annunciato ritardi nei pagamenti e se non si riparte subito sarà sempre più dura affrontare il futuro. Le imprese del distretto sotto l’aspetto della sicurezza sono attrezzate a dovere e non possono perdere altro mercato estero». Dello stesso avviso Carlo Capozzucchi responsabile amministrativo dell’Euroarce azienda di livello internazionale che produce nello stabilimento di Civita Castellana impasti ceramici. «Le preoccupazioni ci sono – ammette - e si è creata una situazione complicata con il blocco delle attività in questo distretto, che pesano sull’economia e si rischia di creare danni enormi. Io dico che le fabbriche vanno fatte ripartire. In altre nazioni sono stati più veloci mantenendo stand di sicurezza alti e qui si può fare anche di meglio».


Piero Perini ha un’azienda di accessori: «Non si possono fermare le attività per cosi lungo tempo - dice – ho l’impressione che qualcuno di noi già sia in difficolta e avrà difficoltà a riprendersi. Abbiamo ricevuto un solo ordine in questo mese, non credo che questa sia la strada per uscirne bene. Le ceramiche devono partire, possono dare tutte le garanzie e lo Stato deve prendere in considerazione le loro esigenze».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero