Ceramica, allarme della Cisl: «A Civita Castellana pochi furbetti drogano il mercato»

Fortunato Mannino Cisl Viterbo
A febbraio del 2018, all’interno di un container proveniente dalla Cina, i funzionari dell’ufficio delle Dogane di Civitavecchia hanno sequestrato 200 sanitari in...

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A febbraio del 2018, all’interno di un container proveniente dalla Cina, i funzionari dell’ufficio delle Dogane di Civitavecchia hanno sequestrato 200 sanitari in ceramica (toilet, bidet e lavabi). I prodotti erano destinati a una società del Viterbese e riportavano la denominazione di un marchio commerciale italiano così da trarre in inganno il consumatore.


Un mese dopo, sigilli scattati per 662 sanitari in ceramica per falsa marcatura CE riportata sui prodotti, in assenza di certificazione valida. Anche in questo caso, i pezzi erano stati imbarcati da una nave mercantile nel porto cinese di Shenzhen Yantian ed erano destinati al mercato italiano. L'importatore, che è anche produttore ceramico, opera nel distretto di Civita Castellana. Quindi, il 30 marzo sequestrati 1600 sanitari per falsa indicazione di origine. E ancora, il 31 maggio nel mirino delle Dogane finiscono 39 vasche da bagno. Insomma, il falso made in Italy nelle ceramiche non è una novità. E non è finito in soffitta nemmeno col Covid-19, anzi sembra averne approfittato.

“Il fenomeno continua. Ci risulta – denuncia Fortunato Mannino, segretario della Cisl – che alcune aziende di dimensioni più contenute rispetto ai marchi più noti, importino pezzi già finiti da Cina, Turchia e Romania. Pezzi che riempiono i loro magazzini e vengono rivenduti. Comprare all’estero non è di per sé strano. Quello che è strano è che poi quegli stessi pezzi, prodotti con materie prime di livello inferiore a quelle del distretto e di qualità assolutamente non paragonabile, vengano messi sul mercato col marchio made in Italy”. Già in passato, più volte la Cisl aveva alzato la voce, richiamando tutte le istituzioni alla difesa di una produzione d’eccellenza del Viterbese.

“La maggioranza delle imprese del polo ceramico di Civita Castellana – continua Mannino – hanno dimostrato negli anni una grande serietà, con investimenti continui che le hanno portate a conquistare fette di mercato sempre più ampie, anche in periodi di crisi. Pensiamo alle esportazioni negli Stati Uniti. Ebbene, mentre questi imprenditori continuano a lottare per migliorare le produzioni e raggiungere livelli sempre più alti, c’è qualcuno che invece droga il mercato. Non solo importano materiale dall’estero e lo spacciano per italiano, ma lasciano anche i lavoratori in cassa integrazione, sfruttando le misure decise dal Governo per la crisi economica causata dal coronavirus”.


La soluzione? Mannino rilancia quanto già proposto in passato: “Un marchio Dop per le ceramiche di Civita, con una commissione provinciale che detti i criteri e attui i controlli. Solo così – conclude – potremo tutelare lavoratori, imprenditori onesti e consumatori contro qualche furbetto”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero