Agricoltura, prima scelta per il lavoro al femminile

Agricoltura, prima scelta per il lavoro al femminile
La pandemia non mette in ginocchio le imprese rosa. Lievissima, in base ai dati registrati da UnionCamere nel 2020, la riduzione del numero complessivo di imprese pari al -0,08%,...

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La pandemia non mette in ginocchio le imprese rosa. Lievissima, in base ai dati registrati da UnionCamere nel 2020, la riduzione del numero complessivo di imprese pari al -0,08%, conservando un tasso di femminilizzazione (percentuale di imprese femminili sul totale) del 27,5%, tra i più elevati tra le provincie laziali. La rilevazione - ufficializzata nel giorno internazionale della donna - a livello nazionale si registra un calo dello 0,29%, pari a quasi 4mila attività in meno rispetto al 2019. Una perdita contenuta, quindi, tutta concentrata al Centro Nord (il Mezzogiorno segna infatti un +0,26%), che interrompe però una crescita costante dal 2014. Le imprese guidate da donne sono un milione e 336mila. Scende, seppur di poco, anche il loro peso sul totale del sistema produttivo nazionale: ora è pari al 21,98%, a fronte del 22% del 2019.

«Se si vanno ad analizzare nel dettaglio i dati dell’imprenditoria femminile nella Tuscia - spiegano da Unioncamere - si conferma la vocazione agricola del territorio anche in rosa, con il comparto agricolo quale settore più rilevante per le imprese femminili, sia in termini numerici, sia in percentuale sul totale delle imprese, 34,1%. Gli altri settori economici, nei quali si concentra il numero più elevato di imprenditrici, sono quello dei servizi di alloggio e ristorazione con un tasso pari al 34,2% e quello del commercio, con un tasso del 28,6%. Tra i settori che presentano il più alto tasso di femminilizzazione quello delle altre attività di servizi con il 57% e quello della sanità e dell’assistenza sociale con il 41,1%, anche se i numeri sono piuttosto bassi».

Il tratto distintivo delle imprese rosa è quello della resilienza. Ovvero la capacità di far fronte in maniera positiva a situazione spesso drammatiche. Come quest’ultimo anno dove la pandemia ha messo a dura prova tutti i settori dell’economica, locale e non. Sotto il profilo giuridico, il tessuto imprenditoriale guidato da donne sceglie le forme più semplici d’impresa. Infatti, le imprese individuali rappresentano il 70% del totale delle imprese femminili mentre le società di persone costituiscono l’11% e le società di capitale il 17%. «Sono dati che fotografano l’andamento anagrafico delle imprese in un determinato periodo – spiega Francesco Monzillo, segretario generale della Camera di Commercio Viterbo –, non tenendo conto che potremo avere un’idea più completa sugli effetti prodotti dalla pandemia in questo ambito solo con i dati relativi al 2021. Nel frattempo il sistema camerale è impegnato nelle consuete azioni di supporto al fare impresa delle donne, sperando anche in un buon utilizzo del fondo a sostegno dell’impresa femminile approvato nella Legge di bilancio e del quale si sta aspettando in questi giorni l’emanazione del Decreto attuativo».

A tal proposito si evidenzia quanto emerso dal sondaggio effettuato da Eurochambres Women Network (il coordinamento permanente presso l’associazione delle Camere di commercio europee dedicato all’imprenditoria femminile) secondo cui in Italia, come nel resto di Europa, le donne imprenditrici chiedono soprattutto quattro tipologie di intervento: formazione e sostegno per cogliere la sfida del digitale; misure di supporto mirate alle loro esigenze; maggiore attenzione all’occupazione femminile; adozione di misure che non rendano vani gli sforzi compiuti durante la pandemia ma assicurino un trasformazione duratura del business.

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Il Messaggero