di Laura Larcan - video Andrea Giannetti/Ag.Toiati Se Federico Fellini avesse dovuto raccontare il Serapeo di Villa Adriana a...
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Se Federico Fellini avesse dovuto raccontare il Serapeo di Villa Adriana a Tivoli, avrebbe allestito un grande banchetto davanti a Fontana di Trevi. Con Marcello Mastroianni nei panni di Adriano. Perché in fondo, questo monumento straordinario tra le icone della cittadella patrimonio Unesco, rappresenta la quintessenza della Dolce Vita imperiale. «Se il Teatro Marittimo di Villa Adriana è la zona privata, intima, riservata, dell'imperatore, il Serapeo è il cuore della mondanità», commenta Andrea Bruciati, direttore del complesso archeologico. La suggestione è forte al cospetto di questo complesso monumentale concepito per magnificare i banchetti esclusivi dell'imperatore incorniciati da giochi d'acqua. Siamo nel cuore della villa-città di Adriano (II secolo d.C.), tra le acque placide del Canopo e la natura regina, che puntella il paesaggio di querce e ulivi secolari. Un gigante, il Serapeo, rimasto sempre inaccessibile per motivi di sicurezza, ma che ora aprirà al pubblico dal 22 marzo. Il Messaggero è entrato in anteprima in questo monumento plasmato dall'estro architettonico e dalla ricchezza decorativa.
IL LABIRINTO
Un padiglione colossale ad esedra che all'interno svela ora un labirinto di ambienti (persino la latrina imperiale di Adriano) che conducono alla ciclopica aula del triclinio di Adriano.Il percorso è da vertigine. Le impronte a terra, le tracce di intonaco e stucco, i fori sulle pareti, tutto testimonia la grandiosità di duemila anni fa passata per le razzie della spoliazione. La volta stellata è evocata dalle tracce di paste vitree di un profondo blu notte, sulle pareti sfilavano i marmi policromi arrivati da tutto l'impero, e le nicchie decorate con incrostazioni come fossero grotte naturali incorniciavano le statue. E l'acqua. Anima e cuore di tutto. Dalla volta piovevano ad arte cascate, che riempivano piscine e alimentavano canali nascosti. Gli stessi canali che riemergevano nella zona del triclinio destinato agli ospiti illustri, visibile sulla facciata concava. Gli schiavi vi attingevano per lavare i piedi dei convitati che si accomodavano sul letto curvilineo, mentre sulle grandi vasche centrali galleggiavano scenografici piatti a forma di navi carichi di ogni delizia gastronomica. L'acqua diventa simbolo ideale di una magnificenza estetica, ma anche di raffinata ingegneria idraulica che tutto nobilita e rende divino. «Entrare nel Serapeo significa fare un'esperienza di luce e suono - commenta Andrea Bruciati - l'acqua a profusione potenziava al massimo le capacità cromatiche e luministiche del Serapeo». Ama fare collegamenti tra storia e attualità, Bruciati da buon storico dell'arte. «Il Serapeo rappresentava il ristorante stellato per eccellenza, il meglio assoluto dal punto di vista del panorama culinario, che doveva essere mostrato, esposto, vissuto come esperienza». La scena va immaginata: Adriano all'interno della sua aula stellata, avvicinabile solo dagli ospiti di rango superiore, mentre gli altri aristocratici prendevano posto a distanza lungo il Canopo. Acqua, si diceva, e luce. «Il Serapeo diventa la rappresentazione simbolica dell'imperatore come essere divino, secondo i culti dell'antico Egitto, terra conosciuta da Adriano e che riverbera in tutto il complesso del Serapeo e del Canopo». Ed è proprio nelle acque del Nilo che Antinoo, il giovane bellissimo amato da Adriano, morì misteriosamente (130 d. C.). Ma sul Serapeo il mito di Antinoo aleggia solamente. Probabilmente non vi mise mai piede, il ragazzo. Era già morto.
IL BELVEDERE
Il nuovo percorso di visita regala scenari inediti.
Il Messaggero