Sindrome K, il virus che salvò gli ebrei

Sarebbe potuta essere l’unica malattia capace di salvare migliaia di vite, ma in realtà non è mai esistita. In un periodo in cui l’intero pianeta...

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Sarebbe potuta essere l’unica malattia capace di salvare migliaia di vite, ma in realtà non è mai esistita. In un periodo in cui l’intero pianeta combatte contro il Covid-19, un nemico invisibile ma reale e, in occasione della ricorrenza della Giornata della Memoria, domenica 24 gennaio alle 21.25 su NOVE - e disponibile in anteprima in streaming su discovery+ -  va in onda lo speciale “SINDROME K - IL VIRUS CHE SALVÒ GLI EBREI” la storia incredibile - e incredibilmente poco conosciuta - di tre coraggiosi medici dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma che, durante la Seconda Guerra Mondiale inventarono l’esistenza di un virus, chiamato «Sindrome K», per salvare alcuni italiani di religione ebraica dall'orrore nazifascista. 

Nel 1943 dopo l’armistizio che l'Italia firmò con gli Alleati, il regime nazista occupò la città di Roma deportando oltre un migliaio di ebrei ad Auschwitz dal ghetto ebraico. Tra paura e senso di sopravvivenza moltissimi ebrei cercarono rifugio nel vicino ospedale Fatebenefratelli, dove tre medici eroi, Giovanni Borromeo, Adriano Ossicini e Vittorio Emanuele Sacerdoti, inventarono la «Sindrome K» - dalle iniziali dell’ufficiale nazista Kesselring incaricato di mantenere il controllo dell'Italia occupata  - per evitare che le decine di ebrei romani diventassero vittime della deportazione nei campi di sterminio tedeschi. 

Ossicini, che nello speciale racconta la genesi e lo sviluppo dell’operazione in modo lucido e toccante, compilò, insieme ai colleghi, false cartelle cliniche per i fuggitivi, diagnosticando la contagiosissima malattia Sindrome K e scoraggiando, così, i nazisti dal controllo dei nominativi dei pazienti “affetti”.

Borromeo, Ossicini e Sacerdoti hanno combattuto la loro “guerra nella guerra”. La loro è una storia di coraggio, di amore e di altruismo allo stesso tempo: quel coraggio di affrontare un nemico armato e pronto a tutto e quell’amore per il proprio mestiere ma prima ancora per le persone. 

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Il Messaggero