Rapine e tentato omicidio, ispirati dal videogioco Gta: arrestati 6 giovani

Si muovevano in branco, come i gangster del videogioco «G.t.a» a cui si ispiravano: sceglievano una 'predà, l'accerchiavano e la massacravano di botte,...

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Si muovevano in branco, come i gangster del videogioco «G.t.a» a cui si ispiravano: sceglievano una 'predà, l'accerchiavano e la massacravano di botte, anche in pieno giorno. Poi la rapinavano di quel che aveva, che fosse un pacchetto di sigarette o un paio di cuffie per lo smartphone, ma «a sfregio», perché il loro unico obiettivo era menare le mani e governare il «loro territorio», ovvero il centro di Monza.


I sei componenti della banda arrestati dalla Questura di Monza, quattro italiani e due sudamericani, tutti di età compresa tra i 18 e i 20 anni e residenti tra Monza e hinterland, erano conosciuti come 'la compagnia del centrò o 'quelli del pontè, ovvero il noto Ponte dei Leoni che sormonta il fiume Lambro nel centro storico. Chiunque passasse di lì, davanti a loro, stravaccati sul muretto a bivaccare e parlare del nulla, diventava papabile obiettivo della loro violenza. Dieci gli episodi di rapina e lesioni di cui sono accusati, tra cui un tentato omicidio. Bersaglio della gang, in quell'occasione, un 32enne incrociato per caso in un locale e volutamente provocato con una gomitata da uno delle banda. Attirato all'esterno del bar con la scusa di discutere, l'uomo si è poi visto accerchiare dagli altri che lo hanno colpito a calci e pugni in faccia e alla testa, per poi trascinarlo giù per le scale di un sottopasso e colpirlo anche con un coltello e una catena. È finito in ospedale con fratture al cranio e una prognosi di oltre un mese.


Tra le altre vittime di aggressione, quasi tutti giovanissimi, anche un clochard, picchiato per aver chiesto indietro la bici che gli avevano rubato. Forti in gruppo con chi aveva la sfortuna di finire nel loro mirino, i sei si atteggiavano a gangster come nel videogame, usando frasi del tipo «da qui non te ne vai fin quando non lo decido io» e, ancora, «se mi denunci vengo sotto casa tua e ti ammazzo», tanto che alcuni ragazzini aggrediti da mesi non escono più di casa. Intercettati dagli inquirenti - le indagini della Mobile sono state coordinate dal pm Carlo Cinque -, spiegavano di «fare in strada le rapine di G.t.a» perché «con la Play mi annoio» e si erano tatuati «Acab» sul palmo della mano. La madre di uno di loro avrebbe tentato di fermare il figlio. Non le ha dato ascolto, assorbito dalla «sete di violenza con la totale mancanza di interesse verso il lavoro o lo studio» come ha spiegato il procuratore Luisa Zanetti. Per altri procede la Procura dei Minori.
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Il Messaggero