Alex, il patrigno del ragazzo di 14 anni ucciso a Roma: «Mi è morto tra le braccia»

di Flaminia Savelli «Sono caduto in una trappola. Credevo che la questione si fosse risolta e invece, non appena siamo...

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di Flaminia Savelli

«Sono caduto in una trappola. Credevo che la questione si fosse risolta e invece, non appena siamo arrivati al parcheggio della stazione ho visto la macchina piombare verso di noi e poi una scarica di proiettili. Così mi hanno ucciso Alex». Tiberiu Maciuca, straniero di origini romene da tempo residente a Roma, porta sul viso i segni di quanto avvenuto poche ore prima lungo la via Casilina, tra la borgata Finocchio e il comune di Monte Compatri, dove è stato ucciso con tre colpi di pistola Alexandru Ivan, il figlio della compagna.

 

 

È al pronto soccorso del policlinico Tor Vergata dove è stato medicato al viso: «Sono i segni della rissa avvenuta nel bar poco prima della sparatoria» spiega mostrando il labbro spaccato in più punti e raccontando quanto accaduto all’Esse caffè. Non è la prima volta che l’uomo resta coinvolto in una rissa nel quartiere: «Mi hanno incrociato lì, Alex era in macchina. Dovevamo andare a una festa di famiglia. Mi hanno provocato ed è scoppiata una rissa. Quando mi sono allontanato, pensavo la questione fosse risolta e invece mi hanno cercato più volte. Ma era una trappola». Tiberiu non si allontana dall’ingresso dove è ricoverata la mamma di Alex, Alexandra Marya che non ha retto al dolore ed è stata sedata. Con il labbro rotto e le mani ancora sporche di sangue, il patrigno ripercorre la drammatica sequenza. Una versione ancora al vaglio dei carabinieri del nucleo investigativo di Frascati che lo hanno ascoltato in un interrogatorio di oltre sei ore e che hanno già proceduto con il sequestro del suo cellulare: «Quel gruppo di nomadi mi aveva provocato al bar poco prima» dice ancora mentre non trattiene le lacrime, ma il dolore non spegne la rabbia: «Da sempre creano problemi nel quartiere e nessuno ha mai fatto nulla. Ai carabinieri ho raccontato tutto, ho fatto i nomi e i cognomi di chi ho visto: doveva morire un ragazzino, ucciso come un cane?» domanda disperato. 


Intanto, mamma Alexandra viene accompagnata per alcuni minuti all’esterno del pronto soccorso. Ci sono i parenti e gli amici più stretti. Attoniti, increduli per quanto avvenuto. «Era un ragazzino solare, affettuoso. Era da poco rientrato dalla Romania dove aveva trascorso le feste di Natale e aveva festeggiato il suo compleanno» racconta Viorika, la compagna del papà. La coppia vive a Firenze e all’alba hanno ricevuto la tragica notizia. «Il papà era preoccupato perché Alex viveva in un quartiere difficile. Lui per primo si è voluto allontanare, ecco perché si è trasferito a Firenze. Adesso è preoccupato per l’altra sua figlia, la sorella di otto anni di Alex. Non vuole che cresca qui» racconta mentre si stringe agli amici della famiglia. Intanto la notizia della sparatoria e della morte del 14enne è deflagrata nella borgata alla periferia della Capitale. 
LO CHOC
«Siamo scioccati per quanto avvenuto al nostro studente» commenta amareggiata la dirigente dell’Istituto comprensivo Casale del Finocchio, Paola Uncinotti: «La nostra scuola è in un quartiere difficile ed è per questo che abbiamo attivato diversi progetti per la legalità a cui Alex, come tutti i suoi compagni, ha sempre partecipato. Un ragazzo - prosegue la preside - che non è ma stato sospeso e che quest’anno ha frequentato regolarmente le lezioni. Anche sua mamma - dice ancora la preside- ha sempre partecipato ai colloqui con gli insegnanti. La scuola - prosegue la preside - ha fatto quanto ha potuto. Purtroppo il destino di Alex è stato segnato da altro come evidenziano i fatti anche se sono ancora da chiarire». 


La scuola intanto sta già attivando un percorso di sostegno per i compagni di classe e di scuola: «Sono tutti disperati. Fin dalle prime ore del mattino sono stata contattata dalle famiglie e dai compagni di Alex: un ragazzino morto ammazzato in mezzo a una strada, sconvolge tutti. I nostri ragazzi verranno aiutati e sostenuti per affrontare questa durissima prova». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero