Pizza napoletana, come si riconosce e come si realizza?

Francesco Cirillo, la moglie e il figlio Pasquale hanno portato la tradizione napoletana nella Capitale, dal casatiello ai dolci (caprese e babà in testa)

"Una pizza così non la mangio neanche a Napoli". Sono 26 anni che Francesco Cirillo si è trasferito a Roma. Non gli avevano mai detto qualcosa del...

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"Una pizza così non la mangio neanche a Napoli". Sono 26 anni che Francesco Cirillo si è trasferito a Roma. Non gli avevano mai detto qualcosa del genere. “La gioia più grande è vedere il cliente soddisfatto – spiega il titolare della pizzeria il Golfo di Napoli –. Non c’è paragone”. Siamo in via Enrico Giglioli 99, a Torre Maura. Vicini al Grande Raccordo Anulare e lontani dal centro della città. Ma qui vengono fin dalla Campania per gustare “Sua Maestà” la pizza. E non solo.

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La tradizione partenopea a Roma

Caprese, sfogliatelle, babà (e anche il casatiello). Francesco ha portato la tradizione partenopea nella Capitale. Nel suo locale tutto è rigorosamente fatto in casa. Dove ha imparato? “I miei suoceri avevano un panificio a Torre Annunziata”. È lì che cresce e si forma. Poi arriva a Roma. “Lavoravo da Napul’è, a quei tempi eravamo gli unici a fare la pizza napoletana nella Capitale”. Ma dopo qualche anno decide di mettersi in proprio. “Ho aperto una pizzeria a taglio (ndr, quella che diventerà il Golfo di Napoli), ogni giorno c’era la fila”. Qui vende non solo pizza, ma anche altre prelibatezze campane. Gli ingredienti per aprire un ristorante ci sono tutti. Così amplia l’attività, mentre la famiglia si allarga.

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Il Messaggero