Papa Francesco nel campo profughi bulgaro a Sofia: «Siete la croce dell'umanità»

di Franca Giansoldati Sofia (Bulgaria) - Non potendo andare al confine con la Turchia a vedere il muro di filo spinato che il...

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di Franca Giansoldati

Sofia (Bulgaria) - Non potendo andare al confine con la Turchia a vedere il muro di filo spinato che il governo bulgaro ha eretto negli anni passati per impedire l'arrivo dei migranti, Papa Francesco stamattina si è dovuto accontentare di vedere uno dei tre campi profughi vicino a Sofia.

Parlando ai rifugiati nel centro Vrazhdebna, papa Francesco ha fatto riferimento agli «orrori» nel «lasciare la propria patria e cercare di inserirsi in un'altra patria». «Ma c'è sempre una speranza», ha detto nel suo breve intervento. «Oggi il mondo dei migranti e dei rifugiati è un pò una croce dell'umanità, è una croce che tanta gente soffre», ha affermato il Pontefice. «Apprezzo la vostra buona volontà. Vi auguro il meglio, a voi e ai vostri concittadini che avete lasciato nella vostra patria. Che Dio vi benedica».

Il centro è rimasto temporaneamente chiuso per lavori di ristrutturazione, dopo che l'Europa aveva chiesto al governo di provvedere: è stato riaperto due mesi fa. Attualmente ospita almeno 45 bambini. Anche tra gli operatori e volontari Caritas ci sono immigrati: il Papa, ad esempio, ha conversato, con una donna afghana che è in Bulgaria da cinque anni e la cui famiglia si trova negli Stati Uniti. Presente all'incontro anche una donna irachena con sette figli e il marito ammalato. Un altro rifugiato presente è un uomo privo di documenti, con la moglie e una figlia di due anni nata in Bulgaria. Il programma in atto al momento nel Centro coinvolge circa 20-25 famiglie.

Il 42enne Taha Saber Ismael, padre di sei figli, curdo iracheno di Mosul, ha preparato una lettera in inglese per il Papa chiedendo aiuto per la sua famiglia che si trova in Bulgaria da tre anni. Varie le testimonianze lette in arabo. Alcuni rifugiati anche dal Pakistan. Il Pontefice, molto applaudito al suo arrivo, ha salutato tutti i presenti, uno per uno.


I volontari riferiscono che «è un Centro con accesso libero, perciò i migranti possono uscire in città. Essi hanno la possibilità di visitare il nostro Centro di integrazione della Caritas, che si chiama 'Sant'Annà. Lì, abbiamo le stesse attività per poter avere accesso ai servizi sanitari o sociali e per trovare un lavoro».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero