di Laura Larcan (Video di Mino Ippoliti) Il profilo dei merli echeggia un orgoglio secolare e il camminamento lungo le mura, a...
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Il profilo dei merli echeggia un orgoglio secolare e il camminamento lungo le mura, a quasi dieci metri d'altezza, regala un affaccio da vertigine. Uno spettacolo inedito, scoprire dall'alto il Borgo di Ostia Antica. E dal torrione alto oltre dodici metri, perfettamente risanato nella sua dignità millenaria, sembra quasi di contendersi la scena con la torre del Castello di Giulio II. «Il Borgo di Ostia Antica non è mai stato bello come adesso e lo sarà ancora di più appena avremo tolto il ponteggio, prima di Ferragosto», dice Mariarosaria Barbera, la direttrice del parco archeologico di Ostia Antica, che ha acquisito la responsabilità di tutta l'area del borghetto, e che ha avviato un anno fa un complesso intervento di restauro di tutta la cinta muraria del rione, dopo anni di incuria e abbandono. «Siamo riusciti a restaurare circa 550 metri quadrati di mura antiche, compreso il torrione con tutte le merlature protette da una speciale copertina di cocciopesto per proteggerle dalle infiltrazioni», prosegue Barbera. Il colpo d'occhio dall'alto delle mura è uno spettacolo insolito. Si percepisce la complessità di questo sistema di fortificazione: «Le origini datano al IX secolo, sviluppandosi poi nei secoli seguenti - indica Barbera - L'attuale configurazione infatti è di qualche secolo posteriore: il più importante rifacimento è quello che ha avuto luogo in concomitanza con la costruzione del Castello di Giulio II, nell'ultimo trentennio del 1400». L'importanza del Borgo di Ostia Antica deve molto alla chiesa cattolica. La prima cinta muraria, d'altronde, vede la committenza di Gregorio IV, fortificatore dei luoghi di culto, a partire da San Pietro.
Le mura che vediamo oggi risalgono al progetto del cardinale vescovo di Ostia Guillaume d'Estauteville. Il restauro ha ripulito e reso più leggibili tutti gli stemmi incastonati sulle mura e sulle torri del borghetto: «Il suo era un modo per attestare i propri meriti per la diocesi ostiense con la speranza di essere nominato pontefice», spiega l'archeologa. Ora si può ben parlare di rinascita. «Il torrione era l'elemento architettonico più lesionato - avverte Michele Orzano, direttore del cantiere - Siamo partiti dalle merlature, le più delicate, per proteggerle dalle infiltrazioni. Dove si presentavano distacchi o altre lesioni siamo intervenuti a consolidare, ricreando la continuità delle murature».
LE CONCHIGLIE
Non sono mancate bizzarre scoperte. «Nella malta del torrione - rivela Orzano - abbiamo trovato diverse conchiglie, a testimonianza dell'uso diffuso di sabbie locali prelevate, cioè, in prossimità della foce marina del Tevere».
Il Messaggero