Lino Guanciale: «Il mio Commissario Ricciardi come Dylan Dog»

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Sei episodi da 100’ in prima visione su Rai 1 a partire da lunedì 25 gennaio, Lino Guanciale torna protagonista della grande fiction Rai, questa volta con una serie tratta dai romanzi de “Il Commissario Ricciardi” di Maurizio de Giovanni, editi da Giulio Einaudi Editore. Commissario della Polizia nella Napoli anni ’30 il Commissario Ricciardi ha una capacità investigativa fuori dal comune, basata sulla profonda empatia che lo aiuta nella comprensione della vita e delle passioni umane, unita a un raro dono, di cui nessuno è a conoscenza. Il Commissario riesce infatti a vedere l’ultimo istante di vita delle vittime di morte violenta. Un’analogia, questa connessione con i fantasmi, che lo avvicina molto all’indagatore dell’Incubo per eccellenza, Dylan Dog: «Esiste strutturalmente un uso molto specifico del doppio investigativo, che poi ha delle sfumature relazionali molto forti vista la natura del rapporto tra Ricciardi e Maione, un po’ come Dylan Dog e Groucho. C’è assolutamente una forma di analogia, una narrazione che anche in forma di fumetto è risultata potente e efficace, ovviamente declinata con un sapore diverso. Poi io sono un grande appassionato di Dylan Dog, dei fumetti e delle graphic novel, in particolare quelle della Bonelli». Un commissario che per il suo dono è costretto a lasciare fuori dal suo cuore l’amore, che può solo guardare dalla finestra: «Se ci pensi non c’è differenza tra la storia che vive Ricciardi e la condizione in cui ci troviamo adesso, e soprattutto quella che abbiamo vissuto durante il lockdown in primavera. Nei mesi di marzo, aprile e maggio ci ho pensato molto, affacciandomi alla finestra a Ricciardi dalla sua stanza. Ciò di cui si parla tanto, in termini di relazione in questa storia è proprio il rapporto fra distanza e prossimità. Quanto Ricciardi gusta di più, per esempio, la natura profonda dei sentimenti dalla sua posizione di distanza, rispetto agli altri e alla realtà. Una realtà in cui è invischiato in virtù del suo dono. Hai toccato un nodo forte di quella che è, pure aspirazionalmente, la nostra contemporaneità. Tra i versanti, anche pedagogici, c’è anche questo. Questi personaggi possono insegnare in che ottica mettersi, per recuperare un po’ quel senso più intimo delle relazioni, come ci tocca fare oggigiorno d’altra parte».

(Servizio a cura di Eva Carducci)

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Il Messaggero