Palazzo Farnese, splende l'Adone del Domenichino: colori e scoperte dopo due anni di restauro

Servizio di: Laura Larcan Video di: Francesco Toiati  Il corpo di Adone, bellissimo e languido, steso a terra senza...

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Servizio di: Laura Larcan Video di: Francesco Toiati 

Il corpo di Adone, bellissimo e languido, steso a terra senza vita, ferito a morte dal cinghiale, vigilato dall’amorevole cane, è stato al centro della prima giornata di lavoro del Domenichino. Poi, il grande artista del ‘600 ha eseguito la Venere, che corre con le braccia alzate al cielo, travolta dalla disperazione di fronte all’amore perduto. Il terzo giorno è stato dedicato dal pittore al cocchio dorato tirato da due cigni e guidato da Cupido, mentre in altre tre giornate di lavoro sono stati definiti gli scenari del paesaggio, a partire dal primo piano dedicato al prato dove fioriscono anemoni nati dal sangue di Adone. È questa, la scansione delle sei giornate lavorative, una delle novità più suggestive emerse dal complesso restauro dello straordinario affresco “La morte di Adone” del Domenichino, datato tra il 1603 e il 1604, che ritorna dopo due anni di soggiorno nei laboratori dell’Istituto centrale per il Restauro, d’intesa con la Soprintendenza guidata da Daniela Porro, nella sua storica Sala delle Firme a Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata di Francia.

Un’emozione, perché sotto gli strati di polveri secolari e vecchie vernici, tornano a brillare colori e dettagli a lungo oscurati. Il cielo cangiante di riflessi rosacei, il contorno del cinghiale che fugge nel bosco. E spicca persino, come rivela Alessandra Marino, direttrice dell’Icr, il rifacimento della parte centrale della scena: «Il braccio sinistro di Venere e lo sfondo arboreo è frutto di un restauro moderna, forse ottocentesco, perché i pigmenti sono di produzione industriale. Mentre il cinabro, la malachite, l’azzurrite e le lacche sono tutti pigmenti secenteschi, qui risalta un verde recente».

Soddisfatto, il padrone di casa, l’ambasciatore Chistian Masset che vede ricomposta ora la “triade” degli affreschi del Domenichino che un tempo decoravano la loggia del distaccato Palazzetto Farnese (detto, in realtà, della Morte) voluto da Odoardo Farnese, situato verso via Giulia, e poi staccati nel 1817 anche per motivi di conservazione (la forte umidità forse aveva compromesso la loro tenuta, e trasferiti nella collezione del Palazzo istituzionale della famiglia. «L’opera restaurata sarà visibile al pubblico il 14 luglio e a settembre, per le Giornate del patrimonio», annuncia l’ambasciatore.

La sinergia con la Soprintendenza è strategica. Il restauro della Morte di Adone, sostenuta con 18mila euro dall’Icr, segue l’intervento sull’affresco del “Narciso”, già esposto alle Scuderie del Quirinale nel 2019 in occasione della mostra su Ovidio. Ora, si sta pianificando d’intesa con la Soprintendenza, il restauro anche del terzo affresco, “Apollo e Giacinto”. «Un’operazione - precisa Masset - che rientra nella grande campagna di restauro di Palazzo Farnese che per il 2025 completerà gli interventi sulle facciate e sul tetto». Storia complessa, quella dell’Adone del Domenichino. «L’affresco venne staccato nei primi decenni dell’800 e subì un primo restauro da Pietro Palmaroli - racconta Daniela Porro - E nell’intervento attuale le restauratrici hanno deciso di conservare il supporto realizzato dal Palmaroli per testimoniare il passaggio della storia». Due anni di indagini diagnostiche, interventi anche con il laser e pulizia hanno restituito il capolavoro.

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Il Messaggero