Nel 2005 fu sentito dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e l'uccisione di Ilaria Alpi. Oggi è stato estradato dalla Libia, dove era in carcere dal...
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A dare la notizia della riconsegna da parte di Tripoli e del suo rientro in Italia, è stato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, al cui dicastero fa capo l'attività di cooperazione giudiziaria con gli altri stati. Il rientro di Giorgi, ha detto il guardasigilli, è «un buon viatico per i prossimi negoziati con la Libia. Continuiamo a lavorare, col massimo riserbo, per riportare in Italia chi ha ancora un conto in sospeso con la giustizia», ha aggiunto, con chiaro riferimento all'interlocuzione con la Francia per gli ex terroristi latitanti Oltralpe. Il mandato di arresto nei confronti di Giorgi attende dal 30 agosto 2016, quando fu emesso dal gip di Ascoli Piceno su richiesta della Procura.
L'uomo è ritenuto responsabile di intermediazione nella vendita di armi: con l'aiuto di un cittadino egiziano, Gamal Saad Rezkalla Botros, che gli faceva da interprete, avrebbe tentato di introdurre in Libia materiale per un valore di 17 milioni di euro tra missili anticarro, pistole Rx calibro 9, 45 fucili mitragliatori 'sniper' da cecchino, giubbotti antiproiettile, munizioni, puntatori laser. Un ingente quantitativo di armi e munizioni destinate, secondo gli investigatori, ai fratelli Ibrahim e Mohamed Khalifa Alarbi El Tumi, considerati emissari della Brigata di Zintan in Libia. Il tutto in violazione dell'embargo cui erano assoggettati i libici a seguito di varie risoluzioni Onu.
Il tentativo di importare le armi, provenienti da Serbia, Slovenia e Bulgaria, mediante società riconducibili a Giorgi, non si concretizzò perché Botros, dopo essersi impossessato di un anticipo di 190 mila euro, si rese irreperibile (verrà poi arrestato vicino Teramo) facendo fallire gli accordi. Le indagini, svolte in collaborazione con l'autorità giudiziaria britannica, l'Onu e la Repubblica di Slovenia, hanno però consentito di raccogliere a carico di Giorgi indizi che indicano un'attività di intermediazione nel traffico di armi destinate anche a Corea del Nord, Iraq, Libano ed Emirati Arabi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero