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di Nicola Pinna
L’illusione del sole, del mare placido, delle patatine e dei succhi di frutta. Del freddo che sembra pure meno freddo del solito e di un viaggio che dopo il primo imprevisto, e l’immediato trasbordo da una barca all’altra, pare procedere bene. Senza onde, senza timori. E senza alcuna premonizione. È ancora lontano nel tempo, e forse anche nei pensieri, quell’arrivo da incubo a ridosso delle coste italiane. Sorridono tutti, nella stiva di quel maledetto caicco di legno: chi è preoccupato non lo fa apparire, non lo mostra di fronte a chi vuole il video-ricordo della traversata e di certo non lo fa capire ai bambini, ai quali ogni mamma aveva raccontato una verità diversa per giustificare un viaggio ad altissimo rischio. E con un finale che nessuno aveva immaginato, ma forse temuto sì.
Le relazioni a bordo
Non si conoscono ma sono costretti a familiarizzare, i disperati che si fanno inquadrare in quella tomba gialleggiante: chiacchierano e sorridono.
La traversata
A bordo si discute: l’audio del video non si sente e forse sarebbe anche difficile capire il senso dei dialoghi. Gli uomini che chiacchierano sulle scale e vicino al parapetto del barcone agitano le mani, sembra che alzino il tono della voce. E chissà se protestano per il viaggio iniziato con l’imprevisto di un guasto e di un cambio di barca o se parlano di tutt’altro giusto per rendere più normale quella disavventura iniziata col mare calmo e conclusa con un dramma che ora impressiona (e interroga) il mondo. Non c’è posto per tutti nella barca di legno destinata a sgretolarsi in mille pezzi: chi è arrivato per primo, e per fortuna si è accovacciato, si ritrova addosso altre due o tre persone e chi ha trovato solo un angolino è costretto a restare contorto su sé stesso per quasi quattro giorni. E nel cuore della barca, inquadrata in ogni angolo con questo smartphone, c’è anche chi le ore le deve passare in piedi, reggendosi ai lati, assecondando il ritmo di ogni onda. Il video sta per finire e seguendo la telecamera bisogna avere il coraggio di ripensare ai sogni di quelle madri affogati nel Mar Ionio e la forza di guardare gli occhi vispi di quei bambini con il taglio dei capelli alla moda che in Europa volevano crescere e che invece sono arrivati senza respiro.
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