Argentina, maxi proteste a Buenos Aires contro deregulation economica

Diverse migliaia di persone hanno manifestato a Buenos Aires, dando luogo ad alcuni scontri con la polizia, durante la terza giornata di protesta in una settimana contro un...

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Diverse migliaia di persone hanno manifestato a Buenos Aires, dando luogo ad alcuni scontri con la polizia, durante la terza giornata di protesta in una settimana contro un decreto di deregolamentazione massiccia dell'economia, fortemente voluto dal nuovo presidente ultraliberale Javier Milei. I manifestanti, su appello di diversi sindacati, hanno accompagnato il deposito in tribunale di un ricorso da parte delle organizzazioni in difesa dei diritti dei lavoratori, che rifiutano la conformità costituzionale di questo "mega-decreto", come battezzato dalla stampa.

 

"Non mettiamo in discussione la legittimità del presidente Milei, ma vogliamo che rispetti la separazione dei poteri. I lavoratori devono difendere i loro diritti in caso di incostituzionalità", ha detto ai giornalisti il leader del sindacato edile Gerardo Martinez, uno degli organizzatori.

 

Quasi tutto il gruppo di manifestanti si è disperso pacificamente dopo mezzogiorno, ma alcuni attivisti hanno continuato a fronteggiare la polizia, schierata in gran numero, che cercava di evacuare un ampio viale, dando luogo a scontri e spintoni. Sei persone sono state arrestate, secondo diversi media locali.

 

Javier Milei ha pubblicato la settimana scorsa, dieci giorni dopo il suo insediamento, un "DNU" (decreto di necessità e di emergenza), che mira a modificare o abrogare più di 300 norme, in particolare rimuovendo i controlli sugli affitti e l'intervento dello Stato per proteggere i prezzi dei prodotti essenziali, indebolendo la tutela dei lavoratori e aprendo la porta alla privatizzazione. Il decreto entrerà in vigore venerdì, ma il Parlamento potrà abrogarlo con la maggioranza assoluta di entrambe le Camere, che nessun partito politico detiene.

 

Il partito di Milei, Libertad Avanza, è solo la terza forza del Paese, anche se può contare sull'appoggio del blocco di centrodestra, il secondo più grande.

 

 

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Il Messaggero