Marcialonga, un trionfo norvegese in una festa dello sport

La partenza della Marcialonga
Per la cronaca, la Marcialonga è stata un trionfo norvegese. Sul traguardo di Cavalese, dopo aver percorso 70 chilometri in 3 ore, 5 minuti e 52 secondi, è arrivato...

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Per la cronaca, la Marcialonga è stata un trionfo norvegese. Sul traguardo di Cavalese, dopo aver percorso 70 chilometri in 3 ore, 5 minuti e 52 secondi, è arrivato per primo Tore Bjoerseth Berdal, seguito dai connazionali Tord Asle Gjerdalen e Petter Eliassen, che aveva vinto nel 2019.


Tra le donne ha vinto un’altra norvegese, Kari Vikhagen Gjeitnes, seguita dalla connazionale Astrid Oeyre Slind e dalla svedese Lina Korsgren. Non eccezionali i risultati degli italiani, con il 48° posto di Gilberto Panis tra gli uomini, e il 13° di Sara Pellegrini tra le donne.

Ma la Marcialonga delle valli di Fiemme e di Fassa, arrivata all’edizione numero 47, non è soltanto una gara, ma una grande festa di natura e di sport. Ideata nel 1970 da quattro amici che volevano imitare la Vasaloppet svedese, è diventata un appuntamento famoso in tutto il mondo.

Quest’anno, oltre ai 7500 iscritti alla gara classica, un altro migliaio di appassionati ha partecipato alla Marcialonga Light, che ne misura 45. Insieme a quasi 4000 italiani, erano fondisti e fondiste di 26 nazionalità diverse. Straordinaria la presenza di 1500 tra norvegesi e svedesi.
 
Ventiquattr’ore prima della gara principale, si è corsa su 11 chilometri la Marcialonga Story, una non competitiva riservata a fondisti con sci, scarpe e bastoni prodotti prima del 1976. Tra i 300 partecipanti era Marco Albarello, uno dei grandi fondisti italiani del passato.

Per la Marcialonga, come sempre, le due valli si sono mobilitate, e ben 1500 volontari hanno lavorato per settimane. Sabato, le strade che traversano Predazzo, Pozza, Canazei e Cavalese, sono state trasformate in piste da fondo, trasportando decine di tonnellate di neve.

Come sempre, nonostante il cielo grigio, hanno fatto da sfondo ai fondisti le Dolomiti di Fassa, dal Catinaccio al Sassolungo e al Sella, e le vette dei Lagorai e dei Cornacci che chiudono la Valle di Fiemme.

Dopo le tempeste di vento dell’ottobre 2018, che hanno abbattuto un milione di abeti, le valli di Fiemme e di Fassa non hanno mai smessi di accogliere il turismo invernale ed estivo. Molto lavoro è stato fatto per eliminare gli alberi caduti. Eppure, a picco sulla partenza di Moena, un vasto bosco abbattuto ha ricordato a sciatori, giornalisti e tifosi il cataclisma di quindici mesi fa.  
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Il Messaggero