Ci siamo. Il check-in è stato effettuato, i bagagli sono stati imbarcati, il passaporto è stato visionato. Siamo finalmente seduti, le cinture già allacciate,...
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Ecco quindi il sedile sbragato del passeggero davanti mentre viene servito il pasto, con la conseguente impossibilità di utilizzare il proprio tavolino. Volo intercontinentale notturno? Ecco il faretto impietoso del vicino, imperterrito lettore seriale con il disturbo dell’insonnia. Passenger Shaming, l’account social delle vergogne ad alta quota attivo dal 2013, è diventato il ricettacolo di riferimento di questo tipo di pratiche, condividendo con ironia e sdegno la più screanzata inciviltà dei viaggiatori intorno al mondo.
E se il suono degli Ipad in mano ai bambini può essere risolto semplicemente consigliando l’utilizzo delle cuffie, le chiacchiere ad alta voce della coppia in luna di miele implorando un tono di voce più basso, il vero problema si crea nel momento in cui viene fisicamente invaso lo spazio altrui: piedi che fanno capolino tra i sedili, chiome fluenti che ci impallano lo schermo, l’affannosa lotta per il bracciolo all’ultima gomitata.
C’è chi crede che l’inferno sia simile ad un volo con un bambino iperattivo seduto dietro ed è incredibile pensare che esista ancora chi chiede il posto finestrino per poi alzarsi di continuo. Recuperare il bagaglio con l’aeromobile ancora in movimento ed il simbolo della cintura ancora acceso è invece il metodo prescelto dal viaggiatore medio per suscitare le ire delle hostess.
Di buono c’è che, quando meno lo si aspetta e con il livello di tolleranza ormai ai minimi termini, il tempo della convivenza giunge inevitabilmente al termine. Ma non gioite troppo in fretta: ci sarà sempre un applauso alla fine di ogni volo.
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Il Messaggero