Città del Vaticano – L’anno scorso 80 mila euro depositati in una banca venezuelana e cambiati in valuta locale, il bolivar, per effetto della iper...
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La dimensione di questa tragedia arriva grazie alla rete delle organizzazioni cattoliche, la Caritas in testa, che misurano ogni giorno il declino. Dai dati che hanno fornito nei primi sei mesi di quest’anno ci sono stati 23.860 guasti elettrici, a causa dei quali sono morte 200 persone, molti deceduti per mancanza di acqua in diversi centri sanitari. L’emergenza idrica si misura in un dato: che per quegli abitanti nei paesi con razionamento, ci vogliono 30 giorni in media per ricevere acqua. Non solo, sul fronte occupazionale, il 96% delle imprese ha diminuito o fermato la sua produzione con un aumento esponenziale di disoccupati. Ma la cosa che fa riflettere riguarda il numero dei giovani che muoiono ogni giorno per cause violente, ben 40. Solo nel 2018 ci sono stati 23.470 morti, il che rende il Venezuela il paese più pericoloso dell’America Latina. Ha lo stesso numero di vittime di un paese in guerra. Lo stallo venezuelano con Maduro ancora in sella, appoggiato dai militari (ed esternamente dalla Russia e dalla Cina) e il leader dell’opposizione, il presidente dell’assemblea Guaidò destituito da Maduro nel marzo scorso, sta mettendo in ginocchio il Paese dove ormai sono già fuggiti almeno 4 milioni di venezuelani.
Proprio in questi giorni il ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza ha incontrato in Vaticano l'arcivescovo britannico, Paul Richard Gallagher, Segretario per i rapporti con gli Stati, a cui ha confermato (per l’ennesima volta) la disponibilità di Maduro a risolvere la crisi politica e sociale nel Paese attraverso il dialogo. Nel frattempo il ministro della Comunicazione, Jorge Rodriguez, ha sostenuto che i servizi di intelligence hanno sventato un golpe contro Maduro, previsto per il 23 e 24 giugno, e che avrebbe dovuto portare alla proclamazione di un nuovo capo dello Stato venezuelano nella persona dell'ex generale Raul Baduel, attualmente in carcere nel Forte Tiuna. In una lunga diretta televisiva, Rodriguez ha accusato inoltre i presidenti del Cile e della Colombia, Sebastián Pinera e Iván Duque di aver «finanziato la violenza e i tentativi di golpe» progettati anche per il 23 febbraio e 30 aprile scorsi. Il ministro ha anche detto che quest'ultima rete di golpisti, guidata dalla Repubblica dominicana dall'ex generale Eduardo José Baez Torrealba è stata disarticolata con una operazione di intelligence durata 14 mesi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero