Città del Vaticano - Il giornale del Papa si è aperto al linguaggio dei giovani, ha messo la minigonna e ha sdoganato la parolaccia. «Il sinodo...
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Subito dopo l’intervistato si chiede: «non so se si può dire su L’Osservatore Romano. In ogni caso è stata esperienza di sinodalità, l’assemblea sinodale in particolare, ma anche tutto il processo. È un metodo che ha bisogno di tempi lunghi, anche lunghissimi». Questo ragazzo dice di avere apprezzato l’aspetto internazionale dell’assemblea. «Avrei invece molta paura di un sinodo della Chiesa italiana “romanocentrico”, credo invece che ci serva la periferia, portarla un po’ dentro, uscire un po’ dal centro. Andare nelle periferie e vedere che cosa si muove, che esperienze belle stanno già nascendo spontaneamente. Davvero la realtà è più importante dell’idea: in tanti casi noi pensiamo di dover progettare chissà che cosa, poi andiamo nel gruppo più scalcagnato di provincia e vediamo che ci sono delle cose stupende».
Anche il Papa, e non solo il suo giornale, mesi addietro ha sdoganato un’altra parolaccia. Stavolta la parola “caca”, “cacca” in spagnolo. Francesco si trovava a Dublino, in Irlanda, e stava parlando alle vittime delle pedofilia in nunziatura, quando l’insolito termine è affiorato durante la conversazione. Una parola decisamente inusuale ma che in quel contesto ha reso bene la sua idea di quei vescovi che hanno coperto o insabbiato casi di preti pedofili, spostandoli da una parrocchia ad un’altra.
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Il Messaggero