«Grazie al Messaggero»: Sita è salva e in cura, la piccola profuga irachena era bloccata con fratelli e genitori tra Polonia e Bielorussia

«Grazie al Messaggero»: Sita è salva e in cura, la piccola profuga irachena era bloccata con fratelli e genitori tra Polonia e Bielorussia
Come un messaggio in bottiglia, solo che stavolta è arrivato via Facebook: «Era tanto che volevo parlarti e trasmettere il mio grazie al Messaggero». Con...

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Come un messaggio in bottiglia, solo che stavolta è arrivato via Facebook: «Era tanto che volevo parlarti e trasmettere il mio grazie al Messaggero». Con l'aiuto del traduttore di Google, dall'arabo all'italiano, Sivan Jamil Hassan ha rintracciato la giornalista italiana che l'anno scorso, attraverso una provvidenziale catena di Sant'Antonio internazionale tra volontari e sacerdoti polacchi, ha sollevato l'attenzione su un caso disperato. Un piccolo gruppo di profughi provenienti dal Kurdistan iracheno erano rimasti intrappolati nella terra di nessuno, al confine tra la Polonia e la Bielorussia. Non potevano più tornare indietro e nemmeno avanzare, perchè venivano rispediti nella forestra. Oggi Sivan, sua moglie e i suoi tre bambini, sono tutti stati trasferiti a Berlino, hanno ottenuto lo status di rifugiati e da tre mesi possono cominciare a sperare in una nuova vita. «Che Dio vi benedica».

 

 

 

Pensare che solo un anno fa erano fantasmi quasi dimenticati, bloccati nella striscia di terra di tre chilometri circoscritta da filo spinato. Sivan, 33 anni, era arrivato con la famiglia in Bielorussia, scappando dal Kurdistan, deciso a trasferirsi in Europa dove avrebbe potuto curare la figlia più grande, Sita, bisognosa di terapie per una grave patologia che le stava minato la salute per sempre.

Quando hanno tentato di entrare in Polonia sono stati rispediti indietro e confinati nella “zona di nessuno”, nella foresta di Bialowieza, nei pressi di Bruzgi, dove persino in primavera il termometro scende sotto lo zero ed è impossibile immaginare di poter resistere con dei bambini senza avere niente da mangiare e da bere. Ogni tanto, sfidando le leggi polacche particolarmente severe, alcuni coraggiosi medici portavano ai profughi quel poco che potevano trasportare con gli zaini sulle spalle: medicinali, viveri, abiti. Le fotografie pubblicate all'epoca anche dal Messaggero, fatte arrivare al giornale da questi volontari, hanno fatto il giro del mondo: mostravano bambini infreddoliti, disidratati, infagottati alla meno peggio, con strati su strati di maglioni e giacche a vento che li facevano sembrare degli strani pupazzi con gli occhi tristi. Sopravvivevano nella boscaglia bevendo l'acqua dei torrenti,  scaldandosi con la legna che trovavano, in una situazione precaria, al limite del surreale. Di loro si era occupata tenacemente Marta Górczyńska, una avvocatessa che fa parte della Helsinki Foundation for Human Rights e attivista del Border Group.

 

 

Ad ottobre la famiglia è finalmente riuscita ad arrivare in Germania dopo essere transitata dalla Polonia che ha immediatamente garantito cure alla piccola Sita. In quei giorni arrivavano notizie dei bombardamenti iraniani sulla città Choman, situana nel Kurdistan iracheno. E' da lì che è iniziata l'odissea della famiglia quasi un anno prima. Siran, musulmano, ringrazia Dio di averlo fatto arrivare sano e salvo in Europa e di aver così potuto garantire alla sua bambina malata un futuro che altrimenti non avrebbe avuto. Il ricordo dei sei mesi trascorsi nella foresta e, per qualche settimana, in un magazzino a Bruzge, è ormai alle spalle. Di loro si sono occupati anche giornalisti polacchi, in particolare Joanna Klimovicz e Piotr Dziubac, poi  la dottoressa Paulina Bownik e, in Italia, Il Messaggero. Dall'articolo del nostro giornale è stato informato il cardinale Michael Czerny che ha subito rivolto a Papa Francesco un Sos, facendoglielo leggere e mostrandogli le fotografie.

 

 

Sitan stavolta via Facebook ha inviato le fotografie della nuova vita a Berlino. Si vede Sita in un ambulatorio con dei sensori in testa. Ora è in cura e la malattia che le porta ad avere frequenti attacchi epilettici potrà essere curata. Gli occhi si sono finalmente riempiti di lampi di allegria così come quelli dei fratellini. Nelle immagini inviate dal padre l'atmosfera è certamente rassicurante, lontana anni luce da quello che hanno vissuto dormendo sul terreno o in una tendina da camping donata loro da uno dei volontari polacchi che hanno raggiunto nella boscaglia lo strano accampamento. 

Le guardie di frontiera polacche, aveva spiegato l'avvocatessa Marta Górczyńska sono severissime, anche con chi aiuta queste persone. Ci sono stati casi di volontari denunciati al tribunale distrettuale di Hajnówka anche se il procuratore ha sempre respinto le richieste di procedimento. Chi attraversa per entrare illegalmente in Europa viene respinto. 

 

 

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Il Messaggero