E parte la missione del Vaticano: il Papa la affida al cardinale Zuppi

E parte la missione del Vaticano: il Papa la affida al cardinale Zuppi
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CITTÀ DEL VATICANO «I tempi della missione, e le sue modalità, sono attualmente allo studio». La tempistica è ancora tutta per aria ma Papa Francesco ha voluto confermare quello che circolava insistentemente dietro le quinte da giorni, e cioè che intende mandare un suo messaggero di pace a Kiev e a Mosca. Una sorta di facilitatore. Nel frattempo a Bologna Matteo Zuppi, il cardinale prescelto per la missione umanitaria, sta preparandosi mentalmente a fare le valige per partire per quella che sembra una mission impossible anche se in questi giorni ha ben altro per la testa, essendo alle prese in Romagna con l'inondazione più disastrosa dai tempi del Polesine. Don Matteo pur non arrivando dalla diplomazia ha un curriculum estremamente interessante come negoziatore, avendo contribuito in modo determinante con Sant'Egidio alla pace in Mozambico una ventina d'anni fa. La Comunità di Trastevere, chiamata anche la diplomazia parallela d'Oltretevere, anche se non è citata nel comunicato papale, farà sicuramente da supporto forte dei suoi formidabili rapporti con russi, americani, francesi, turchi, tedeschi, ucraini. Stavolta però lo scenario è totalmente diverso, molto più complesso di quello africano e già in partenza la percentuale di riuscita scarsissima.

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LA FIDUCIA

Date le premesse sembra forse una impresa già segnata ma Francesco è l'uomo della fiducia infinita e non si arrende all'idea di giocare anche questa carta, nel disperato tentativo di fare breccia nel cuore dei due leader in conflitto per fermare le armi il tempo necessario per indurre aggredito e aggressore per parlarsi e riannodare qualche fragilissimo e miracoloso filo, anche se il presidente ucraino Zelensky quando è andato in Vaticano ha chiarito in modo definitivo - seduto davanti al Papa - cosa significa "pace" per la sua gente bombardata, stuprata, depredata e uccisa sistematicamente dai russi dal 24 febbraio dello scorso anno a oggi. La tregua in queste condizioni non sembra essere proprio contemplata.
Il comunicato ufficiale del Vaticano si è limitato a cesellare l'incarico affidato a Zuppi che è quello di «condurre una missione che contribuisca ad allentare le tensioni nel conflitto. Nella speranza mai dimessa da Bergoglio che questo possa avviare percorsi nuovi».

 

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Il progetto è condiviso con il cardinale Pietro Parolin e con il Sostituto Pena Parra e procederà per gradi mentre due giorni fa è uscito definitivamente di scena l'arcivescovo Claudio Gugerotti, attuale prefetto del dicastero delle Chiese Orientali ed ex nunzio in Ucraina e Armenia che parla un russo fluente e ha un enorme rete di rapporti all'interno del mondo ortodosso al punto da essere sospettato di essere filorusso. Lui resterà fuori dalla missione anche se fornirà dall'esterno tutto l'appoggio che può servire a Zuppi (e a Sant'Egidio) quando sarà il momento. Francesco da tempo denuncia alle cancellerie occidentali il rischio di scivolare piano piano in una zona non più controllabile, una sorta di punto di non ritorno della guerra in cui è facile scatenare l'inferno nucleare e aprire un abisso planetario. Ai Paesi che partecipano al G7 in Giappone ha inviato un denso messaggio in cui ricorda Hiroshima e Nagasaki. «Hiroshima, come simbolo della memoria, proclama con forza l'inadeguatezza delle armi nucleari per rispondere in modo efficace alle grandi minacce odierne alla pace e per garantire la sicurezza nazionale e internazionale. Il vertice del G7 a Hiroshima dia prova di una visione lungimirante nel gettare le fondamenta per una pace duratura e per una sicurezza stabile e sostenibile a lungo termine».

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Il Messaggero