Città del Vaticano – La sala stampa piena come ai tempi del conclave. Per tutta la settimana gli occhi del mondo saranno puntati sul Vaticano per vedere se...
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Al suo fianco c’era l’arcivescovo maltese Charles Scicluna che ha lodato pubblicamente il ruolo esercitato da giornalisti e mass media con il loro lavoro di inchiesta. Ha anche citato il caso di Boston, diventato un film celebre – Spotlight – fino alle notizie che vengono diffuse ogni volta che ci sono abusi, nel tentativo di fare affiorare la verità. Peccato solo che alla conferenza stampa siano state chieste notizie di un caso specifico – un monsignore che ha lavorato in Vaticano e che ora è sotto indagine per abusi a Trenton, negli Usa – e come risposta sia arrivata la solita doccia gelata dal portavoce vaticano incaricato di stoppare tutte le notizie ingombranti. «Non si forniscono notizie su casi specifici» è stato detto. Come se si trattasse di un argomento avulso, totalmente estraneo alla conferenza che prenderà il via tra pochi giorni e che affronterà tre argomenti centrali: la trasparenza, la responsabilità, la coerenza.
Intanto fuori dal Vaticano le vittime della pedofilia protestavano civilmente: «Chiediamo si metta in pratica la tolleranza zero: ogni prete colpevole deve essere dimesso dallo stato clericale e anche i vescovi che hanno coperto devono essere espulsi dalla Chiesa. Chiediamo che sia obbligatorio per tutti i vescovi denunciare alle autorità civili i casi di abuso» ha detto Peter Isley che insieme a Peter Saunders, entrambi vittime di abusi da parte di sacerdoti, si sono fatti portavoce delle richieste delle vittime. «Questo summit è storico, un traguardo monumentale per le vittime, per questo il Papa ci delude quando dice che non bisogna avere grandi aspettative da quello che ne potrà venire. E’ come dire ai fedeli che se un prete abusa dei loro figli in chiesa non devono avere l’aspettativa che verrà condannato» ha aggiunto Peter Isley. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero