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Nelle società occidentali è stato rilevato che i nativi digitali tendono a credere molto di più (rispetto alle generazioni precedenti) all'esistenza della vita dopo la morte, alla dannazione eterna e persino al diavolo inteso non come un esserino rosso con le corna, la coda, munito di forcone ma di una forza malvagia che sottende alle cose del mondo. Sono i risultati del World Values Study, uno dei più grandi sondaggi sociali accademici del mondo, in corso da oltre 40 anni e realizzato dal Policy Institute del King's College di Londra. Dalla monumentale ricerca emerge che la generazione Z è certamente più propensa a credere nella vita dopo la morte rispetto alle generazioni più anziane, nonostante siano meno religiosi in generale.
Secondo i dati, poco meno della metà (49%) dei giovani britannici interpellati ha dichiarato di credere in Dio, in calo rispetto al 75% del 1981. Solo cinque Paesi - Norvegia, Corea del Sud, Giappone, Svezia e Cina - hanno meno probabilità di credere in Dio rispetto al Regno Unito. Le Filippine sono in cima alla classifica, con un punteggio del 100%.
Anche la fede nel paradiso tra i cittadini britannici è diminuita, passando dal 57% del 1981 al 41% dello scorso anno. Ma la fede nell'inferno e nella vita dopo la morte è rimasta sostanzialmente costante, rispettivamente al 26% e al 46%.
Se si considera l'età, il 32% di coloro che hanno meno di 40 anni ha dichiarato di credere nell'inferno, rispetto al 18% di coloro che hanno tra i 59 e i 77 anni. La fede nella vita dopo la morte era del 51-53% per le generazioni più giovani, rispetto al 35-39% degli anziani. Anche se le generazioni più giovani continuano ad avere un minore attaccamento alla religione hanno bisogno di credere che ci sia qualcosa di più.
Il Messaggero