Al Sinodo il documento finale contiene solo 2 paragrafi sulle donne e la parità di genere

Al Sinodo il documento finale contiene solo 2 paragrafi sulle donne e la parità di genere
Città del Vaticano – Altro che serie B. L'interesse per la condizione della donna nella Chiesa – segnata da una pesante discriminazione di genere - è...

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Città del Vaticano – Altro che serie B. L'interesse per la condizione della donna nella Chiesa – segnata da una pesante discriminazione di genere - è stata significativamente racchiusa nel documento finale del Sinodo in due soli micro paragrafetti. Nel testo riservato che sabato sarà sottoposto alla votazione dei padri sindali (escludendo però dal voto le sette suore uditrici) figurano solo due punti su un totale di ben 173, a dimostrazione che uno degli argomenti più urgenti sul tappeto - la questione femminile - è stato ancora una volta accantonato.


Il punto numero 62 recita: «Emerge tra i giovani la richiesta che vi sia un maggiore riconoscimento e valorizzazione delle donne nella società e della Chiesa. Molte donne svolgono un ruolo insostituibile nelle comunità cristiane ma raramente sono coinvolte nei processi decisionali, anche quando tali processi non richiedono specifiche responsabilità ministeriali o un riconoscimento ecclesiale. L'assenza della voce e dello sguardo femminile impoverisce il dibattito e sottrae al discernimento un contributo prezioso. E' importante intraprendere processi che rendano tutti più consapevoli dell'urgenza di un necessario e ineludibile cambiamento».

Il numero 155: «Una Chiesa che cerca di vivere uno stile sinodale non potrà fare a meno di riflettere sulla condzione e sul ruolo della donna al proprio interno, e di conseguenza anche nella società. I giovani e le giovani lo chiedono con grande forza. Le riflessioni sviluppate richiedono di trovare attuazione attraverso una opera coraggiosa di conversione culturale di cambiamento nella pratica pastorale quotidiana. Un ambito di particolare importanza a questo riguardo è quello della presenza feminile negli organismi ecclesiali a tutti i vlivelli, anche in funzione di leadership, e della partecipazione femminile ai processi decisionali ecclesiali. Si tratta di un dovere di giustizia, che trova ispirazione tanto nel modo in cui Gesù si è relazionato con uomin e donne del suo tempo, quanto nell'importanza del ruolo di alcune figure femminili lungo la storia della Chiesa. E' stata sollevata anche la questione della presenza femminile alle assemblee sinodali, evitando la disparità tra la rappresentanza della vita religiosa maschile e femminile».

Due paragrafi piuttosto innocui che non vanno di certo ad aprire il vaso di Pandora. Eppure da tempo le donne nel mondo cattolico chiedono parità di trattamento, chiedono di non essere subalterne, di avere più voce in capitolo, di entrare a far parte del decision making. Il documento sinodale non affronta nemmeno la piaga delle violenze che tante religiose subiscono da parte di vescovi e sacerdoti come, ultimamente, è stata evidenziata anche dal caso scabroso del vescovo indiano finito in galera per avere brutalmente violentato una suora. Il tema è tabù ed è tenuto rigorosamente sotto traccia.

Eppure solo qualche giorno fa il cardinale tedesco Reinherd Marx aveva scosso i piani alti delle gerarchie dicendo che non riconoscere la discriminazione di genere che esiste nella Chiesa è «da pazzi».

«La Chiesa sarebbe sciocca, pazza, se rinunciasse alla partecipazione delle donne alle sue decisioni, vanno coinvolte altrimenti in tante se ne andranno e avranno ragione a farlo» ha detto. Aggiungendo: «Bisogna sempre cambiare, saremmo stolti se dicessimo che queste sono le nostre istituzioni e non vanno modificate. La questione delle donne è impellente, non si risolve dall’oggi al domani, certo, ma dobbiamo progredire oggi, non domani. Non capisco, perché si esiti a farlo. È da cinquant’anni che abbiamo questo problema, già Giovanni XXIII diceva che le donne sono sullo stesso livello degli uomini. Questo allora implica una loro maggiore partecipazione alla vita ecclesiale, anche in ruoli di responsabilità decisionale».



























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Il Messaggero