Coronavirus, Guardie Svizzere non usano mascherine, slitta la cerimonia del giuramento delle reclute

Città del Vaticano – Niente mascherine per le Guardie Svizzere. Non possono usarle nemmeno quando montano di guardia all'esterno, a controllo del varco delle...

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Città del Vaticano – Niente mascherine per le Guardie Svizzere. Non possono usarle nemmeno quando montano di guardia all'esterno, a controllo del varco delle Campane o di quello del Petriano, i due valichi di frontiera per entrare in Vaticano. In questi giorni  i due militari con il tradizionale costume disegnato da Michelangelo quando vengono avvicinati dalle rare persone per chiedere anche informazioni si limitano ad applicare le misure in vigore previste nel piccolo stato pontificio: un metro di distanza, l'uso di Amuchina per disinfettare le mani e il controllo dei visitatori che vengono ammessi all'interno (ormai sono sempre più rari).


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Le mascherine, invece, non vengono usate per una disposizione interna, anche se nella loro caserma sono a disposizione se qualcuno le vuole indossare ma al di fuori dei turni di servizio.

Di fatto il coronavirus ha scombussolato persino la secolare cerimonia delle Guardie Svizzere del 6 maggio, data storica che ricorda il sacrificio dei soldati elvetici per difendere il Papa dai Lanzichenecchi quando nel 1527 misero a ferro e fuoco la città.

Una cerimonia molto suggestiva che prevede il giuramento delle nuove reclute nel cortile di San Damaso e l'ingresso del più piccolo esercito del mondo di ragazzi di cittadinanza svizzera per un periodo di due anni, durante il quale prestano servizio per difendere il Palazzo Apostolico, il Papa e Santa Marta.

Stavolta, invece, tutto è saltato, almeno nei termini tradizionali: il 6 maggio ci sarà solo la deposizione di una corona a commemorazione dei soldati caduti con alcune personalità di curia, ma senza pubblico esterno e senza reclute. La cerimonia vera e propria, invece è slittata al 4 ottobre sempre che il micidiale virus arrivato dalla Cina, per quella data, sia stato debellato.
   

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Il Messaggero