Mirjam Viterbi aveva solo dieci anni, tanta paura e una gran voglia di vivere. Ogni giorno, nella stanzetta di fortuna che divideva con la sorella maggiore Graziella e la famiglia...
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«Gli abitanti del Castelletto, una luce nel buio della Shoah» è il titolo del romanzo scritto da Mirjam Viterbi Ben Horin, che verrà presentato domani nella sala della Spogliazione del palazzo vescovile di Assisi.
«Mirjam racconta la Shoah in modo tutto suo – dice monsignor Domenico Sorrentino – Durante uno dei miei ultimi viaggi in Terra Santa ho incontrato Mirijam che ora vive là». In quella occasione la signora gli ha mostrato il manoscritto del romanzo composto quando era nascosta in un alloggio nel periodo 1943-1944.
«È una storia semplice – dice ancora il vescovo - Quel ‘castelletto’ è immaginato tra le nubi, ma ruzzola ben presto sulla terra. Si dovrebbe frantumare. Ed invece resta in piedi, diventando un luogo di vita, di relazioni, di pace. Di giorno in giorno Mirjam scrive il suo sogno. Persino disegna. Proprio non vuol credere, non può credere, che una orribile follia abbia potuto fare irruzione nella sua vita. E sognando, salva la sua vita. La salva dalla paura, dalla depressione, dalla sconfitta. Questo romanzo esprime tutta la capacità di intessere relazioni fraterne, di vincere la tentazione della guerra, e di costruire un mondo di pace».
La storia della famiglia Viterbi è una delle tante. Il professor Emilio Viterbi, papà di Mirijam, accademico dell’Università di Padova, a 52 anni d’età si ritrova braccato e senza difese. Nel 1938 le leggi razziali lo avevano spogliato di quasi tutto. Non aveva più la cattedra universitaria, non poteva più collaborare con nessuno, gli amici gli avevano fatto il vuoto attorno, il rispetto sociale era stato inghiottito. Era un clima da caccia alel streghe e per questo decise di mettere in salvo la sua famiglia. Assisi fu scelta perchè era una città vicina alla linea del fronte, era fuori mano e perché godeva di un certo rispetto per via del santuario e di San Francesco.
Il vescovo di allora, Nicolini, lo aiutò e conservò personalmente le carte di identità autentiche degli ebrei nascosti ad Assisi. La sorella di Miriam, Graziella, ha raccontato questi particolari alcuni anni fa al sito TerraSanta.net. Disse che le teneva in una nicchia nel muro sopra la sua scrivania, al riparo d’una tendina. Il Podestà fascista Fortini, un avvocato, probabilmente era a conoscenza che ad Assisi vi fossero nascosti ebrei ma non disse nulla. Anzi. Il professor Viterbi ad un tratto capì che il pericolo diventava più stringente e andò proprio da Fortini a chiedere aiuto.
«Ci andammo mia madre e io – ha raccontato Graziella - L’accoglienza fu affettuosissima. Per farvi stare più tranquilli – ci disse – farò una telefonata qui in vostra presenza per sentire se in Assisi vi sia sentore che vi sono nascosti degli ebrei. Chiamò non so quale pezzo grosso e poi ci comunicò: Nessuno sospetta niente. In ogni caso, qualunque cosa ci fosse, io vi avvertirò. Non solo: si prese tutti gli oggetti religiosi che avevamo con noi e che ci potevano identificare e li nascose personalmente nel suo giardino». A guerra finita Fortini fu arrestato e fu il professor Viterbi a scrivere una lettera in sua difesa che contribuì a scarcerarlo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero