Da giorni accanto alla tomba del figlio morto sul lavoro: «Non è stata fatta giustizia»

Lena Dodaj
TERNI - «Da qui non mi muovo. Se dovesse succedermi qualcosa la responsabilità è di tutti quelli che mi hanno abbandonato, che hanno sepolto mio figlio come...

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TERNI - «Da qui non mi muovo. Se dovesse succedermi qualcosa la responsabilità è di tutti quelli che mi hanno abbandonato, che hanno sepolto mio figlio come fosse un animale». Mamma Lena, chiusa nella cappella del cimitero dove risposa il suo unico figlio, va avanti con lo sciopero della fame. Non ha alcuna intenzione di spostarsi da lì finché qualcuno non le darà le risposte che aspetta invano ormai da otto anni. La sera la fanno uscire dal cimitero, perché dopo la chiusura non può restare ma lei non molla.  Ha pronta l’auto parcheggiata di fronte per passare la notte e ricominciare la sua dolorosa protesta il mattino seguente. Maringleno Dodaj, albanese, aveva 25 anni quando disse addio alla vita per le ferite riportate in un infortunio sul lavoro. Era l’11 novembre del 2011 e da allora sua madre ha cercato giustizia. L’ha fatto peregrinando per le aule del tribunale, aspettando notizie dei 4 procedimenti penali aperti per far luce sulla morte di suo figlio e tutti chiusi con altrettante archiviazioni.

Questa mattina Lena Dodaj ha trasferito il suo dolore sotto la sede del Tribunale, per proseguire la sua protesta a caccia di una verità che non arriva. Ed ha avuto anche un breve incontro con la presidente, Rosanna Ianniello. 

Poi è tornata al cimitero, accanto a suo figlio, e non ha intenzione di lasciare la tomba finché qualcuno non si farà avanti per darle le spiegazioni che cerca da una vita.  «Sono anni che mi batto per conoscere la verità ma tutti mi hanno abbandonato. E’ stato fatto il funerale di mio figlio senza aver aperto le indagini e senza un’autopsia. Non sono stata interpellata né dal magistrato, né dall’avvocato, né dal medico legale. Nessuno ha voluto darmi risposte, neanche i medici. Mi è stato negato persino il diritto di vedere mio figlio sul letto d’ospedale, non ho potuto neppure dirgli addio. Tutto questo è di una crudeltà inaudita». Il dolore di Lena diventa insopportabile quando sfoglia le cartelle cliniche ritirate in ospedale. Tre documenti diversi l’uno dall’altro, che contengono cronologie a dir poco strane e orari di decesso diversi: «Ci sono sei o sette orari di decesso diversi, in una gli orari sono coperti - dice con un filo di voce. Chi mi garantisce cosa è veramente successo?». Solo di recente in mano a Lena è arrivato anche un verbale dei carabinieri e una relazione del medico legale di cui ignorava l’esistenza. «Nessuno voleva darmi notizie, trovavo di fronte solo un muro invalicabile. L’unica certezza è che mio figlio, che fu tenuto a disposizione della procura per cinque giorni, fu sepolto senza che fosse fatta l’autopsia. E che non fu mai permesso di vedere il luogo teatro del tragico infortunio. Mi appello al Ministro della giustizia. Se per lui siamo tutti uguali si faccia avanti per fare chiarezza. Se non mi spiegano quello che è davvero successo sono pronta a tirare fuori la bara di mio figlio». Un gesto estremo di una mamma senza più lacrime. Che, al quarto giorno di sciopero della fame, è stremata. E che spera che qualcuno ascolti il suo grido di dolore.
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Il Messaggero