PERUGIA Dermatologi, cardiologi, dietologi e oculisti: sono una decina i medici umbri denunciati per l'attività privata svolta in un poliambulatorio di Civita...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
In tutto, a finire nei guai con la denuncia per truffa aggravata, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, uso di atto falso e falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sull'identità o su qualità personali proprie o di altri sono stati sedici professionisti. Con le indagini che sono partite dalla bacheca affissa nella sala d'aspetto dello studio medico, in cui venivano pubblicizzate le attività specialistiche che era possibile prenotare attraverso la segreteria del poliambulatorio: struttura che lavorava dal lunedì al venerdì con i suoi medici e in pratica subappaltava gli ambulatori agli specialisti che arrivavano da fuori il sabato, la domenica o addirittura in orario serale. Una truffa che, secondo le risultanze delle indagini, sarebbe stata portata avanti per anni, anche con tre visite specialistiche al giorno - pagate tra i 100 e i 200 euro senza fattura - per ogni medico rimasto coinvolto nelle indagini delle fiamme gialle.
Come ha ricordato la guardia di finanza, secondo la normativa nazionale e regionale, i medici ospedalieri hanno la possibilità di esercitare privatamente la propria professione ma, per farlo, sono soggetti a una autorizzazione da parte dell propria Asl. Autorizzazione che può essere concessa esclusivamente per prestazioni erogate in studi medici privati e non all'interno di studi convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, come invece quello finito nel mirino della procura della Repubblica di Viterbo. Le indagini, inoltre, sono state svolte con la collaborazione dell'Ufficio di controllo della Direzione generale della Asl di Viterbo e della Regione Lazio. Al vaglio degli inquirenti è anche la posizione dei medici di base i quali, oltre ad aver consentito l'esercizio non autorizzato ai loro colleghi specialisti, sono venuti meno ai loro obblighi di medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, grazie al quale è stato loro riconosciuto, per anni, dall'Asl lo status di Unità di cure primarie, che comporta tra l'altro l'erogazione in favore dei singoli dottori di una indennità superiore a 1.000 euro al mese, variabile a seconda del numero degli assistiti.
Per adesso sono sedici i professionisti rimasti imbrigliati nelle maglie dell'inchiesta, che promette di allargarsi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero